Compaiono ventuno persone da punire nella lista stilata dai ministri degli Esteri dei Ventotto, che scelgono la linea morbida rispetto agli Usa. Domani Putin riferirà al Parlamento, se darà il via all’annessione, nuove misure potrebbero arrivare dal Consiglio europeo di questa settimana
Otto politici della Crimea, tra cui l’attuale premier e il sindaco di Sebastopoi, dieci tra deputati della Duma e membri del Consiglio della Federazione russa e tre militari, compreso il comandante della Flotta russa sul Mar Nero. Eccola, la lista nera delle 21 persone che l’Unione europea colpirà con sanzioni mirate per protestare contro lo svolgimento del referendum in Crimea e il proseguimento sulla via dell’annessione della penisola alla Russia. A formalizzare l’elenco, la riunione dei ministri degli Esteri dei Ventotto Paesi Ue, che ha stabilito di colpire con il congelamento degli asset finanziari e la restrizione della libertà di movimento, per un periodo di sei mesi, coloro che sono stati individuati come responsabili di azioni che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. O per lo meno alcuni di essi: a scorrere la lista pare infatti che l’Unione europea abbia scelto per il momento una linea non troppo dura nei confronti di Mosca. Nell’elenco, “non ci sono né membri del governo, né giornalisti, né rappresentanti di società e aziende”, fa notare lo stesso ministro degli esteri italiano, Federica Mogherini, sostenitrice, insieme al collega tedesco, Frank-Walter Steinmeier, di un atteggiamento dialogante. Nulla a che vedere, insomma, con le ipotetiche liste di centinaia di nomi, tra cui quelli di alti dirigenti e top manager delle compagnie energetiche statali russe, come Gazprom, che circolavano alla vigilia.
A mettere in evidenza la debolezza delle misure punitive dell’Ue anche la concomitante pubblicazione della lista Usa di chi sottoporre a sanzioni. Undici le persone individuate dalla Casa Bianca, sette russi e 4 ucraini (tra cui l’ex Presidente, Viktor Yanukovich). Nell’elenco non compare il Presidente Putin, ma diverse persone a lui molto vicine, come il vicepremier Dmitri Rogozin e i suoi due più stretti consiglieri, Vladislav Surkov e Sergey Glazyev. Pure non chiamandolo in causa direttamente, insomma, gli Usa hanno voluto colpire Putin “dentro casa”, fanno sapere da Washington. L’Ue, invece, si è fermata appena sulla soglia. “Non mi pare si debba parlare di impostazioni morbide o dure”, risponde l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton a chi le fa notare lo squilibrio, “questa a noi sembra l’impostazione giusta da seguire”, nella speranza che “ci sia un decrescendo” di tensione.
Il punto di incontro trovato dagli Stati è dunque quello di non alzare i toni e lasciare per il momento la palla nelle mani di Mosca. Già domani Putin interverrà sulla questione davanti alle camere riunite e se, come molti temono, proclamerà l’avvio delle procedure formali per l’annessione della Crimea, nuove decisioni più severe potrebbero essere prese dai Capi di Stato e di governo in occasione del vertice di giovedì e venerdì.
Nel corso del summit, confermano le conclusioni del Consiglio, dovrebbe arrivare la firma della parte politica dell’accordo di associazione con l’Ucraina. Rimane fermo anche “l’impegno a procedere verso la firma della parte rimanente dell’accordo che, insieme a quella politica, costituisce un unico strumento”. Dai ministri Ue arriva però anche un richiamo al nuovo governo ucraino: le autorità devono rappresentare tutte le regioni e le popolazioni e “assicurare la piena protezione dei diritti delle persone appartenenti a tutte le minoranze”, chiede il testo. Per monitorare la situazione, il Consiglio considera “urgente” l’aumento della presenza internazionale sul territorio e supporta il rapido avvio in Ucraina di una missione di osservatori dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Letizia Pascale
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