Oltre alle misure protezionistiche norvegesi, la minaccia cinese sui vini. Per l’eurodeputata leghista: “L’Europa deve reagire, facciamo altrettanto coi loro prodotti”
In Norvegia, acquistare formaggi italiani come l’Asiago o il Montasio, da gennaio 2013, costa il 277% in più. A denunciarlo, citando dati in possesso dell’ambasciata italiana a Oslo, è l’eurodeputata leghista Mara Bizzotto, responsabile federale del dipartimento Europa del Carroccio. Oggi il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per chiedere a Bruxelles di intervenire contro le misure protezionistiche applicate dal Paese scandinavo ma, secondo Bizzotto, non è sufficiente: ora occorre “ripagare Oslo con la stessa moneta”.
“È arrivato il momento di utilizzare le stesse misure protezionistiche nei confronti di tutti quei Paesi extra-Ue che minacciano il mercato unico e le nostre eccellenze agroalimentari”, suggerisce l’eurodeputata leghista. Prodotti come l’Asiago veneto e il Montasio friulano, ricorda Bizzotto, sono tutelati a livello comunitario con la Denominazione di Origine Protetta: due eccellenze ora minacciate da una “misura sconsiderata e ingiusta, che ha limitato pesantemente le nostre esportazioni in Norvegia, creando seri danni economici ai nostri produttori”. In realtà, ci spiega un diplomatico norvegese basato a Bruxelles “questi formaggi italiani non erano venduti in Norvegia, quindi non c’è nessun danno rispetto al passato per i produttori. Il motivo di questa altissima tassazione, adottata anche per altri formaggi ad esempio olandesi, è per proteggere i formaggi norvegesi da una potenziale concorrenza da parte di prodotti simili ai nostri”.
I dazi imposti dalla Norvegia sui prodotti italiani non sono un caso isolato: “La Cina vuole imporre dazi sui nostri vini” e Oslo ha deciso non solo di “triplicare il prezzo d’importazione dei formaggi, ma anche della carne d’agnello e manzo”, ricorda l’eurodeputata. In questa situazione, lamenta, “l’Unione europea sembra un pugile suonato che subisce passivamente”. Per Bizzotto è arrivato invece il momento di rispondere: “Siamo in guerra – dice – una guerra commerciale su più fronti e senza esclusione di colpi”. Insomma, conclude: “l’Europa la smetta di balbettare inutili slogan e reagisca al più presto”. Come? “La parola dazi non è un tabù, ma una pratica commerciale assodata che dobbiamo imparare ad utilizzare anche noi per tutelare i nostri prodotti tipici, il nostro mercato e le nostre imprese”.
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