Bruxelles – Dai finanziamenti al piano ‘REPowerEu’ per l’indipendenza dall’energia russa al tetto al prezzo del gas, passando per il bando che l’UE vuole imporre al petrolio in arrivo da Mosca. Sono diversi i temi caldi che lunedì 30 e martedì 31 maggio saranno sul tavolo dei capi di Stato e governo, riuniti a Bruxelles in un vertice straordinario convocato tempo fa dal presidente del Consiglio, Charles Michel, ma che rischia di risolversi in un nulla di fatto.
Tanto che nella bozza di conclusioni, datata 24 maggio e che Eunews pubblica, non compaiono decisioni significative in materia di energia. Si legge un generico impegno ad affrancare l’UE dalla dipendenza da tutti i combustibili fossili russi (gas, carbone e petrolio) “prima possibile”. Si auspicano accordi di solidarietà bilaterali tra Stati membri in caso di tagli alle forniture di energia da parte di Mosca (come è successo a Bulgaria, Polonia e Finlandia) e si inizia a ipotizzare l’idea di un piano di emergenza coordinato a livello europeo in caso di bruschi stop agli approvvigionamenti verso l’Europa. Alla Commissione Europea si dà mandato a negoziare per gli Stati membri acquisti congiunti di gas (e poi Gnl e idrogeno) e infine alle Capitali si ordina di accelerare con la stesura dei nuovi capitoli di spesa nei loro piani nazionali di ripresa e resilienza per attuare il ‘RePowerEU’.
Nessuna decisione significativa, per il momento. Prima del Vertice che inizierà lunedì pomeriggio, gli ambasciatori presso l’UE avranno un nuovo confronto per finalizzare il documento (un altro incontro potrebbe tenersi domani, ma per ora non è confermato) ma per il momento non si intravedono stravolgimenti di significato. La ragione, essenzialmente, è che l’esecutivo comunitario ha messo troppa carne al fuoco la scorsa settimana proponendo il vasto pacchetto del RepowerEu per dettagliare come intende liberarsi dal gas russo ben prima del 2027 e nuove misure contro il caro-energia, che finora hanno sempre diviso i governi.
Gli Stati non hanno avuto il tempo di “digerire” tutti i documenti presentati e quindi quello della prossima settimana sarà una riunione che in molti si sarebbero risparmiati. “Non sarà un Vertice semplice”, confidano fonti diplomatiche a Bruxelles, spiegando che nella sostanza si tratterà di un Consiglio di transizione prima del Vertice ordinario in programma il 23-24 giugno, l’ultimo sotto presidenza francese. Dopo il via libera accordato ai governi di Spagna e Portogallo arrivato nelle scorse settimane, l’Italia tornerà a insistere sulla proposta di fissare a livello europeo un tetto al prezzo del gas russo proveniente dai gasdotti. Da un lato, per affrontare il rincaro sulle bollette elettriche e far valere il potere dell’Unione Europea come principale acquirente dei combustibili fossili importati da Mosca. Dall’altro, perché un tetto solo per il gas russo si tradurrebbe in una sanzione indiretta nei confronti della Russia.
Sebbene ci siano più Stati allineati alla proposta che il premier Mario Draghi porterà all’attenzione degli omologhi, altri come Germania e Paesi Bassi, rimangono contrari a un intervento massiccio sul mercato energetico, un po’ in ragione di un approccio liberista (ogni intervento di mercato va scoraggiato), un po’ perché si teme una ritorsione energetica da parte del Cremlino. Italia e Germania sono i principali importatori di gas russo tra i Paesi europei, quindi anche i più dipendenti. Il governo di Roma si spingerà oltre, chiedendo un intervento ancora più strutturale sul mercato, disaccoppiando i prezzi del gas da quelli dell’energia elettrica per affrontare il cosiddetto effetto contagio.
All’ultimo Vertice del 24-25 marzo avevamo lasciato i leader Ue proprio così: uniti sulla necessità di una risposta pronta contro Putin e sull’acquisto congiunto di gas, divisi sul tetto al prezzo del gas e sull’idea di un embargo al petrolio russo. Così rischiamo di ritrovarli anche dopo la due giorni di vertice straordinario di maggio. Con l’unica differenza che se al Summit di marzo non c’era ancora una proposta concreta da parte di Bruxelles sul bando petrolifero, oggi c’è ed è stata avanzata dalla Commissione lo scorso 4 maggio all’interno del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina.
Dopo oltre venti giorni di impasse, l’embargo petrolifero è riconosciuto da tutti come il grande elefante nella stanza: non è formalmente in agenda, ma lo sarà ugualmente per cercare di convincere i Paesi che ancora frenano, in particolare l’Ungheria. Il premier di Budapest, Viktor Orbán, ha chiesto a Michel di non affrontare il tema sanzioni al Vertice perché sarebbe “controproducente”. Le stesse fonti diplomatiche spiegano che se il discorso entrerà o meno al Vertice lo sapremo meglio tra sabato e domenica. Più di una delegazione è convinta che non sia utile trascorrere molte ore a negoziare sul tavolo del Consiglio europeo, anche se si cerca una soluzione a livello unitario (quindi è da escludere che si pensi a una esenzione per l’Ungheria sull’embargo o, peggio, si pensi a togliere l’embargo petrolifero dal sesto pacchetto di sanzioni proposto dalla Commissione). E’ verosimile che i leader diano mandato di nuovo agli ambasciatori per superare lo stallo, anche se essendo in discussione la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, un accordo solo tecnico non basta. Serve il via libera politico delle Capitali.