Bruxelles – Il processo è ormai irreversibile e le ultime notizie che arrivano dalla penisola scandinava lo rendono evidente. Al termine di una riunione straordinaria del consiglio direttivo, ieri (domenica 15 maggio) il Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia ha annunciato di essere favorevole all’adesione del Paese all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), abbandonando la tradizionale posizione contraria.
Nel comunicato stampa viene però specificato che i socialdemocratici spingeranno per “garantire che la Svezia esprima riserve unilaterali contro il dispiegamento di armi nucleari e basi permanenti sul territorio nazionale, se la richiesta di adesione sarà approvata dalla NATO”. Nessun membro del consiglio direttivo del partito si è espresso contro la decisione, su cui il ministro della Difesa svedese, Peter Hultqvist, ha espresso la motivazione fondamentale: “Nella situazione che si è venuta a creare, è naturale che dobbiamo scegliere di aderire alla NATO”. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Svezia e Finlandia hanno iniziato a prendere in considerazione per la prima volta dal secondo dopoguerra l’abbandono della tradizionale posizione di non-allineamento militare, per confluire sotto l’ombrello di assistenza militare reciproca garantito dall’Alleanza. I due Paesi scandinavi, membri dell’Unione Europea, considerano la Russia di Vladimir Putin una minaccia per la regione del Baltico e proprio per questo motivo “il popolo svedese ha bisogno delle garanzie di sicurezza che derivano dall’appartenenza alla NATO contro una realtà nuova e pericolosa“, ha spiegato la prima ministra, Magdalena Andersson (anche lei esponente socialdemocratica). Il riferimento è all’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, quello che afferma che “un attacco contro un alleato è un attacco contro ogni componente dell’Alleanza”.
Incassato l’appoggio del partito più restio all’adesione della Svezia alla NATO, entro oggi si attende il voto del Riksdag (il Parlamento monocamerale) ed entro domani (martedì 17 maggio) la presentazione della domanda di adesione insieme alla Finlandia. La premier Andersson ha fatto un appello al popolo svedese perché “si mantenga il sangue freddo di fronte ai tentativi di intimidirci e dividerci da parte della Russia”, che per voce del vice-ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, ha già minacciato che “l’ingresso di Svezia e Finlandia sarebbe un errore di vasta portata”. Durante il sempre più probabile processo di adesione, Stoccolma potrebbe subire attacchi informatici e di disinformazione da parte di gruppi di hacker controllati dal Cremlino: “Cercate informazioni da fonti credibili”, ha avvertito la premier svedese.
Il processo di adesione alla NATO
Per diventare membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale (è questo lo stadio in cui si trovano in questi giorni Svezia e Finlandia). A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta (come nel caso dell’Ucraina), la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso nella NATO di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo con aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici.
La procedura di adesione alla NATO inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri, che attualmente sono 30. A questo punto si aprono nel quartier generale della NATO a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale della NATO.
Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato dalla NATO con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Questo Protocollo deve essere ratificato da tutti i membri, con procedure che variano a seconda del Paese: in Italia è richiesto il voto del Parlamento riunito in seduta comune, per autorizzare il presidente della Repubblica a ratificare il trattato internazionale. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della NATO invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord.