Bruxelles – L’armonia tra i Ventisette sulle sanzioni contro la Russia è arrivata al fine corsa. È bastato toccare uno degli aspetti più delicati, ovvero il petrolio – e associarlo al rafforzamento elettorale di uno degli alleati di Putin nell’Unione – per tornare ad assistere alle consuete difficoltà e ritardi nel raggiungere un accordo tra gli Stati membri sui temi più scottanti in agenda. La proposta della Commissione Europea di inserire nel sesto pacchetto di sanzioni l’embargo al petrolio russo sta riaprendo le fratture tra Bruxelles e il premier ungherese, Viktor Orbán, contrario all’ipotesi di quella che ha definito “una bomba atomica sull’economia dell’Ungheria“.
In un’intervista all’emittente radio ungherese Kossuth, il premier ungherese ha spiegato che “sono stato pronto a concordare i primi cinque pacchetti di sanzioni UE, ma ho detto chiaramente fin dall’inizio che c’è una linea rossa, il settore dell’energia“, rincarando la dose sul fatto che “ogni Paese ha il diritto sovrano di determinare la propria bilancia energetica” e che “le sanzioni già imposte sono più dannose per l’economia europea che per quella russa”. Di qui la richiesta di Orbán di “sbloccare i fondi UE“, in particolare quelli del Next Generation Europe, su cui invece recentemente la Commissione ha attivato il meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto per tutelare il bilancio comunitario.
Mentre gli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) stanno cercando un accordo su cui per ora sono solo fumate nere, a rispondere alle provocazioni Orbán ci ha pensato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nel suo intervento alla dodicesima edizione dello Stato dell’Unione a Firenze, il forum annuale sul futuro dell’Unione Europea. “Una cosa è la discussione su quanto tempo c’è bisogno per adattarsi all’embargo sul petrolio russo, ma legarlo a qualcos’altro, come l’erogazione dei fondi del Next Generation Europe, e usarlo come un ricatto è inaccettabile“, ha attaccato Borrell. Che ha poi annunciato che “se gli ambasciatori troveranno un accordo” (sono attesi nuovi round di trattative entro la fine della settimana, con l’obiettivo di trovare la quadra entro lunedì 9 maggio, fanno sapere fonti UE), “dopo la Giornata dell’Europa dovrò convocare un Consiglio Affari Esteri per discutere di cosa sta succedendo” nelle capitali dell’Unione a proposito della tematica dell’energia.
A proposito di embargo al petrolio russo e di dipendenza energetica, l’alto rappresentante Borrell ha voluto ricordare che “se non ci fosse stata la guerra in Ucraina, l’energia sarebbe stata un tema business as usual, e non avremmo capito che siamo in pericolo anche su questo fronte”. La ragione è semplice: quello messo in atto dal Cremlino è un “armamento dell’energia, cioè dopo essere diventati dipendenti dalle sue fonti, ci minaccia”. Per quanto riguarda il gas, invece, l’embargo “non è per il domani, ma per il dopodomani”, ha cercato di smorzare la tensione l’alto rappresentante. Su un tema ancora più delicato per i Ventisette, tutto dipenderà dalla fumata bianca sullo stop al petrolio di Putin e da quanto profonde saranno diventate le fratture con il premier dell’Ungheria.