Strasburgo, dall’inviata – Dodici mesi, quarantanove proposte e oltre trecento misure specifiche per attuarle. Con l’ultima plenaria che si è tenuta tra venerdì 29 e sabato 30 aprile a Strasburgo nei locali dell’Europarlamento, cala ufficialmente il sipario sulla Conferenza sul futuro dell’Europa, l’inedito esercizio di democrazia partecipativa avviato dodici mesi fa dalle istituzioni comunitarie per riflettere sull’Europa di domani.
Dodici mesi di lavoro che si chiudono oggi con l’endorsement di tutte e quattro le componenti politiche di questa Conferenza – la Commissione Europea, il Parlamento UE, i parlamenti nazionali e il Consiglio dell’UE – su un pacchetto complessivo di 49 proposte da attuare per una riforma strutturale dell’UE con 325 misure specifiche con cui raggiungere questi obiettivi. Un pacchetto finale che è il risultato di una rielaborazione delle 178 raccomandazioni finalizzate nei panel di cittadini, dei contributi dei panel e degli eventi nazionali e dei contributi registrati sulla piattaforma digitale multilingue.
Si passa da proposte piuttosto generiche (come la promozione dell’alfabetizzazione digitale e la necessità di rendersi autonomi a livello energetici) a iniziative molto più specifiche, come l’introduzione obbligatoria di filtri della CO2 per le centrali elettriche alimentate dai combustibili fossili. E anche divisive, come la riforma del processo decisionale in seno al Consiglio per abolire il sistema di voto all’unanimità (tranne che per allargamento dell’UE e la modifica dei principi cardine dell’UE), l’introduzione di liste transnazionali nelle elezioni europee e l’abolizione della possibilità di porre veti da parte di uno Stato membro, ma come anche la creazione di forze armate congiunte dell’Unione Europea.
Scorrendo le oltre 300 misure di attuazione confluite nel pacchetto, si nota subito che molte raccomandazioni finiranno in ogni caso nei dossier legislativi che l’UE ha in cantiere. Pensiamo alla richiesta avanzata di un salario minimo europeo su cui già sono avviate le discussioni inter-istituzionali, il sistema di etichettatura armonizzato a livello europeo (su cui il dibattito è più che avviato) ma anche molte delle raccomandazioni sul fronte del digitale e delle nuove tecnologie, come l’alfabetizzazione digitale. Si è trattato però di uno scambio reciproco: un funzionario europeo ha spiegato che in una comunicazione che sarà presentata dall’Esecutivo europeo a maggio, sulla protezione dei bambini su internet, molti spunti e riflessioni arrivano dal confronto che si è tenuto con i cittadini in questi mesi sul tema della digitalizzazione.
Molte altre, come il voto all’unanimità, sono destinate a creare fratture a livello comunitario. Quella del fine settimana è stata l’ultima plenaria, ma la Conferenza vera e propria si concluderà il 9 maggio – giornata in cui ogni anno si celebra la Festa dell’Europa perché si ricorda la dichiarazione di Schuman – in cui è previsto un grande evento in pompa magna a Strasburgo con cui si tenterà di tirare le somme dell’anno e si consegneranno le 49 proposte nelle mani dei vertici comunitari: Ursula von der Leyen, per conto della Commissione UE, Roberta Metsola a nome dell’Europarlamento, e Emmanuel Macron a nome del Consiglio (dal momento che la Francia è presidente di turno all’UE fino al 30 giugno).
Sarà un evento conclusivo e celebrativo, durerà non più di due ore. Ci si aspettano tanti discorsi, prosopopea e poche decisioni. Ma il prossimo 9 maggio, in effetti, segnerà l’inizio vero e proprio di questo processo, perché le istituzioni dovranno capire in che modo dare un seguito politico a parte di queste proposte approvate per consenso in questo fine settimana.
Alla ricerca del consenso
Consensus. E’ uno dei termini che più sono stati ripetuti nel dibattito in plenaria nell’arco della due giorni. Consenso è la modalità con cui le tre istituzioni hanno deciso che avrebbero dato il via libera formale alle conclusioni di questa conferenza. Ciascuna delle quattro componenti politiche ha potuto scegliere cosa significasse “consenso” e il meccanismo è stato tutt’altro che chiaro per chi lo ha visto da fuori. Solo l’Europarlamento ha espresso il parere con un voto, favorevole per cinque gruppi politici che rappresentano un’ampia maggioranza (PPE, S&D, Renew, Verdi/ALE e La sinistra), solo i deputati che rappresentano i gruppi ID ed ECR non hanno sostenuto le proposte.
La Commissione europea, in quanto organo collegiale, non ha espresso un vero e proprio voto. Più complesso il sistema adottato dal Consiglio, che ha operato una scelta ancora differente: ha accordato il suo via libera al pacchetto senza di fatto esprimere per ora una opinione sui contenuti delle proposte. Lo ha spiegato ieri nel dibattito in plenaria il sottosegretario di stato francese agli Affari europei, Clément Beaune, co-presidente della CoFoE per il Consiglio, al fianco dell’eurodeputato liberale belga, Guy Verhofstadt, e della vicepresidente della Commissione per la Democrazia, Dubravka Šuica. La componente del Consiglio Ue non si è espressa sul contenuto delle proposte avanzate dai cittadini, “ha scelto di non emettere un giudizio per consentire al processo dei cittadini di esprimersi”, ha aggiunto Beaune. Seguirà dopo il nove maggio la fase attuativa che consentirà di aggiustarle e apportare delle modifiche.
L’impressione, e varie voci a Strasburgo lo confermano, è che il Consiglio abbia deciso di lasciare il documento finale della Conferenza così come da richiesta dei cittadini, per fare qualche concessione in questa fase ancora interlocutoria per poi scegliere in un secondo tempo di cassare o non adottare qualcuna delle proposte più rivoluzionarie per lo status attuale della struttura europea. Questo è possibile perché le istituzioni non sono vincolate ad adottare automaticamente le proposte confluite nella relazione finale, ma si prenderanno del tempo per decidere i prossimi passi.
Verso una Convenzione per la riforma dei Trattati?
Le intenzioni del Consiglio non sono nascoste. Ed è forse anche questo il motivo che spinge l’Eurocamera a discutere e votare la prossima settimana in plenaria una risoluzione per conferire il mandato alla presidente Metsola di avviare l’iter per una riforma dei trattati, in sostanza l’applicazione dell’articolo 48 del Trattato sull’Unione Europea. “La prossima settimana il Parlamento europeo lancerà una revisione dei trattati per applicare il più presto possibile” le conclusioni della Conferenza sul Futuro dell’Europa, ha annunciato Verhofstadt nel corso della plenaria. “Abbiamo potere di farlo, useremo l’articolo 48 del trattato per questo processo perché l’Unione europea ha disperato bisogno di questo”. Secondo varie fonti, c’è un’ampia maggioranza parlamentare che sosterrà la risoluzione la prossima settimana.
L’articolo in questione prevede che qualunque “governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possano sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati”. Qualora il Consiglio europeo, “previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, adotti a semplice maggioranza una decisione favorevole all’esame delle proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o del governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione”. Serve una maggioranza semplice (14 Stati membri, la metà più uno) per aprire una convenzione europea in cui discutere di riforma dei trattati e in effetti non è così irrealizzabile come idea.
La riforma dei trattati, o quantomeno l’apertura della convenzione, è sostenuta da Paesi che in seno al Consiglio Ue pesano molto, la Germania in primis ma anche la Francia e anche l’Italia. A sostegno ce ne sono altri come la Spagna e il Portogallo. Il peso politico di questi Stati potrebbe verosimilmente portare a un consenso generale all’interno del Consiglio per l’apertura della Convenzione.
Il sottosegretario agli Affari europei, Vincenzo Amendola, a Strasburgo per la plenaria della CoFoE si è espresso chiaramente a favore. “In un periodo in cui, tra Covid e il conflitto provocato dalla Russia in Ucraina, noi sappiamo quanto sia fondamentale rafforzare la nostra comunità di Unione europea, come “governo sosteniamo che dobbiamo aprire a dei cambiamenti ancora più forti dal punto di vista della solidarietà, dei trattati, delle misure, degli strumenti che l’Europa deve mettere in campo nel prossimo tempo che, come sappiamo dalla guerra, e’ un tempo a volte anche tragico”.