Bruxelles – Nucleare o non nucleare nel mix energetico europeo del futuro. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, iniziata lo scorso 24 febbraio, ha costretto l’Unione Europea a ripensare le sue forniture di energia, soprattutto nel caso del gas naturale. Ed è sempre più numeroso il fronte di chi vede nell’energia nucleare la migliore alternativa, nel breve periodo, al gas russo.
Bruxelles lascia carta bianca ai governi su quando e come liberarsi dalle forniture di gas russo, e ha messo in chiaro recentemente che non ci sarà “alcun tabù da parte della Commissione nelle scelte che gli Stati membri possono fare per superare la dipendenza energetica dalla Russia”, ad esempio prolungando “di poco” l’uso delle centrali a carbone o del nucleare per la produzione di energia elettrica, evitando di ricorrere al gas come ponte di transizione.
Le parole del vicepresidente responsabile per il Green Deal, Frans Timmermas, danno nuovo impulso ai sostenitori dell’energia dell’atomo, come la Francia che ha di recente annunciato l’installazione di sei nuovi reattori nucleari entro il 2035 nei suoi piani per la decarbonizzazione del Paese. O come il Belgio, che alla luce della crisi energetica in atto ha rinviato il piano per la chiusura di due reattori nucleari che dovevano essere dismessi entro il 2025. La stessa Commissione Europea vede il potenziale del nucleare, per la transizione, come fonte di energia stabile e “autoprodotta” e in grado di rendere indipendente il continente dalle importazioni russe.
In realtà, non è proprio così e l’UE dipende dalla Russia anche per le importazioni di uranio, una componente essenziale per la produzione di energia nucleare. Secondo le ultime stime disponibili dell’agenzia di approvvigionamento di EURATOM (la Comunità europea dell’energia atomica), nel 2020 il 20 per cento dell’uranio naturale importato in UE arrivava proprio da Mosca, seconda solo al Niger.
Altri Fornitori essenziali di uranio per l’industria energetica europea (come per quella statunitense) sono anche Kazakistan e Uzbekistan, storici alleati del Cremlino.
L’agenzia EURATOM stima inoltre che il 26 per cento dell’uranio arricchito, usato nel processo di produzione dell’energia nucleare, arrivi dalla Russia, con un calo deciso rispetto all’anno precedente (circa il 25 per cento) ma che ancora testimonia una forte dipendenza tra la Russia e l’UE nel settore della tecnologia nucleare. Bruxelles importa da Mosca anche reattori nucleari e parti di reattori. Ad oggi, ci sono 18 reattori nucleari nella UE che fanno affidamento sulle barre di combustibile esagonali in arrivo dalla Russia: due in Bulgaria, sei nella Repubblica Ceca, due in Finlandia, quattro in Ungheria e quattro in Slovacchia.
Secondo i dati del think tank Bruegel, Mosca nel 2019 ha esportato beni nucleari per un valore di circa 3 miliardi di dollari (circa 2,7 miliardi di euro), con il 60 per cento delle sue esportazioni di materiale nucleare e tecnologia rappresentato da uranio arricchito e plutonio (utilizzabile anche come combustibile nei reattori) in Germania, Francia, Paesi Bassi e Svezia e gli Stati Uniti. Complessivamente, il think tank di Bruxelles stima la Russia rappresenta il 33 per cento delle esportazioni mondiali di uranio arricchito usato per i reattori nucleari.
Fino a questo momento l’UE non ha mai discusso la possibilità di tagliare le importazioni di tecnologie nucleari importate dalla Russia, ma anzi ha rilanciato il dibattito sul nucleare nelle discussioni in corso sulla ‘tassonomia verde’, il sistema di classificazione per gli investimenti sostenibili. Sono in molti, soprattutto all’Eurocamera, a sottolineare che il secondo atto delegato della tassonomia – quello che classifica gas e nucleare (a certe condizioni) tra gli investimenti finanziabili per la transizione verde – è stato redatto prima dell’inizio della guerra e prima della necessità di rendersi completamente indipendenti dalle importazioni energetiche in arrivo da Mosca, anche sul lungo periodo. Per questo andrebbe rivisto alla luce delle nuove necessità. Proprio l’Europarlamento nella sessione plenaria di aprile ha adottato una risoluzione non vincolante per chiedere proprio un embargo totale delle importazioni energetiche russe, includendo petrolio, carbone e gas, ma anche combustibile nucleare.