Bruxelles – Si allunga e tocca quota 915 la lista di entità (53) e individui (862) colpiti dalle sanzioni UE contro Russia e Bielorussia, dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo ha annunciato oggi (mercoledì 9 marzo) il Consiglio dell’UE, dopo l’accordo di questa mattina degli ambasciatori dei 27 Stati membri riuniti nel Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper). Si aggiungono altri 160 responsabili della cerchia di Vladimir Putin, mentre il sistema finanziario di Minsk viene tagliato fuori dal sistema dei pagamenti internazionali Swift e la Banca Centrale bielorussa dalle transazioni globali.
Come si legge nella nota del Consiglio, nella lista di sanzioni UE compaiono ora altri 14 oligarchi e uomini “di spicco” coinvolti in settori economici-chiave (metallurgia, agricoltura, farmaceutica, telecomunicazioni) per supportare la guerra della Russia contro l’Ucraina, ma anche i 146 membri del Consiglio della Federazione Russa che hanno ratificato le decisioni di Putin sui “Trattati di amicizia” tra Mosca e le autoproclamate Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Saranno congelati i loro beni nell’UE (alcuni sono anche in Italia), sarà vietato mettere a loro disposizione fondi e saranno vietati viaggi e transiti sul territorio comunitario.
Sempre nella sezione russa, il Consiglio ha introdotto ulteriori misure restrittive per l’esportazione di beni per la navigazione marittima e la tecnologia delle radiocomunicazioni: da oggi sarà vietato vendere, fornire, trasferire o esportare beni in questi settori “a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo” per l’uso o l’installazione a bordo di una nave che batte bandiera russa. Cruciale anche la precisazione su servizi d’investimento, valori immobiliari, prestiti e strumenti del mercato monetario da cui devono essere esclusi coloro che sono stati colpiti dalle sanzioni, che va a includere “chiaramente” anche gli asset in criptovalute.
Non c’è solo la Russia, ma anche l’ormai Stato-satellite Bielorussia, nell’inasprimento delle sanzioni UE, già implementate giovedì scorso (3 marzo) per la partecipazione del regime di Alexander Lukashenko alla guerra in Ucraina e per le implicazioni del referendum-farsa sulla fine dello status di Paese non-nucleare. Sulla falsariga di quanto messo in atto una settimana fa per sette istituti bancari russi, tre banche bielorusse sono state tagliate dal sistema di pagamenti internazionali Swift: si tratta di Belagroprombank, Bank Dabrabyt e Development Bank of the Republic of Belarus. In aggiunta, sono state vietate tutte le transazioni con la Banca Centrale di Bielorussia e la quotazione di enti statali del Paese. Nella logica di prosciugare le riserve di liquidità di Minsk, è stato deciso anche di vietare la fornitura di banconote-euro al Paese, di limitare l’accettazione di depositi di cittadini bielorussi a 100 mila euro e di impedire loro l’accesso all’acquisto di titoli in valuta euro.