Bruxelles – L’Unione Europea punta sull’adozione più ampia possibile dell’intelligenza artificiale (IA) nella sanità e per identificare i problemi che potrebbero ostacolare questo processo la Commissione UE ha pubblicato un studio che analizza l’impatto e lo stato dell’arte delle nuove tecnologie in questo settore. Il report sull’intelligenza artificiale nell’assistenza sanitaria costituirà anche la base per l’azione dell’esecutivo comunitario nel mettere a punto una legislazione e un quadro politico comuni per l’implementazione dell’IA sul fronte delle cure mediche, delle diagnosi di malattie e della robotica biomedicale, a partire dalla creazione di uno spazio europeo dei dati sanitari.
Secondo quanto si legge nello studio, nonostante la maggior parte degli Stati membri UE abbia sviluppato strategie di IA che identificano la sanità come un settore prioritario, non sono ancora state implementate politiche mirate. L’adozione delle nuove tecnologie è ancora limitata a specifici dipartimenti e aree di applicazione, dal momento in cui la mancanza di fiducia nel supporto decisionale guidato dall’IA sta ostacolando un’adozione più ampia. I veri progressi si sono registrati nelle proposte di quadri normativi sulla gestione dei dati sanitari, anche se la maggior parte delle iniziative si concentra sull’area della ricerca e dell’innovazione.
Per sostenere lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie di intelligenza artificiale nella sanità europea, l’esecutivo UE dovrà concentrarsi su sei aspetti. Dalla definizione di un quadro politico e legale, ad azioni di sostegno per gli investimenti e per l’accesso, l’uso e lo scambio di dati sanitari. Di fondamentale importanza anche le iniziative per l’educazione digitale degli operatori sanitari e per l’aggiornamento clinico degli sviluppatori di IA, oltre a politiche che sostengano la traduzione della ricerca nella pratica e interventi sul piano del rafforzamento della fiducia della società nell’uso delle nuove tecnologie in ambito sanitario.
L’intelligenza artificiale nella sanità italiana
Per quanto riguarda la sanità in Italia, nel contesto dell’Agenda Digitale Europea, nel luglio dello scorso anno è stata pubblicata la strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, che si focalizza sull’affrontare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Una task force ha lavorato specificamente sul settore sanitario, evidenziando sia la rilevanza dell’IA per ridurre le disuguaglianze sociali in materia di salute e di disabilità, sia l’impatto positivo sulla salute. Anche e soprattutto dopo lo scoppio della pandemia COVID-19, la sanità è considerata un’area prioritaria di attenzione per quanto riguarda lo sviluppo delle nuove tecnologie.
Il governo italiano ha promesso un rafforzamento dei finanziamenti pubblici e di incoraggiare il sostegno al capitale di rischio pubblico e privato verso i centri di eccellenza nazionali, ma gli esperti hanno sottolineato che è altrettanto necessario sviluppare politiche sull’uso etico dell’intelligenza artificiale, che incoraggino l’innovazione e la diffusione delle nuove tecnologie nella sanità.
Sul piano della ricerca l’Italia si ritaglia un ruolo di eccellenza: se si considera la quota di autori sui più rilevanti articoli pubblicati in materia di IA nell’assistenza sanitaria, è il primo Paese UE per quantità di contributi nella produzione scientifica. L’Italia è anche al secondo posto nella collaborazione transfrontaliera per le pubblicazioni scientifiche: la rete dei ricercatori italiani coinvolge altri 22 Stati membri UE, di cui i contatti più frequenti sono con Spagna, Francia, Grecia, Germania e Paesi Bassi. A trainare la ricerca sono l’Istituto di calcolo ad alte prestazioni e i dipartimenti di rete del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ma anche atenei come l’Università di Napoli “Parthenope” e l’Università di Napoli “Federico II”.
Le aree di ricerca più indagate sono quelle legate alla diagnostica delle malattie, come la diagnosi medica con tecnologie IA, il rilevamento delle malattie, gli approcci guidati dai dati per la medicina predittiva e la gestione delle cartelle cliniche elettroniche. C’è attenzione anche verso l’apprendimento automatico per i sistemi di neuromonitoraggio dei pazienti, i sistemi intelligenti per l’assistenza al trattamento e le piattaforme per l’autogestione delle condizioni croniche. In campo COVID-19, il supercomputer Marconi viene utilizzato dal consorzio di università ed enti pubblici Cineca per identificare i farmaci più sicuri per il trattamento immediato e l’identificazione di molecole per contrastare futuri contagi.
Il Paese si classifica al settimo posto per numero di brevetti. Negli ultimi quattro anni dall’Italia sono arrivate richieste per i sistemi di monitoraggio, l’imaging medico delle lesioni cutanee e i sistemi di allarme biometrici scalabili per il riconoscimento dei modelli. Queste prestazioni sono state rese possibili sia dall’eccellenza nell’ambito della ricerca, ma anche grazie alla “forte rete di start-up che si muovono nell’area dell’IA nella sanità“, rileva il report. Si tratta di aziende innovative che lavorano su applicazioni come l’analisi del genoma, sensori indossabili per il monitoraggio domestico e ospedaliero e applicazioni di monitoraggio del cervello.
Nel Paese hanno sede almeno 12 start-up di questo tipo, di cui la maggior parte sono spin-off di grandi università, supportate da schemi dedicati alle start-up, come lo Startup Act (quadro legislativo per facilitare la creazione e la crescita di nuove imprese hi-tech attraverso esenzioni fiscali e accesso ai finanziamenti). I meccanismi di finanziamento dell’ecosistema delle start-up possono essere fondi pubblici (meno di 100 mila euro) o privati (tra i 100 e i 500 mila euro), ma dagli imprenditori e dagli operatori sanitari è stato evidenziato che la maggiore barriera all’utilizzo dei sistemi di IA è proprio la carenza di risorse finanziarie, oltre alla mancanza di conoscenze e competenze nell’ambito delle tecnologie dell’informazione.
Ultimo capitolo sulla consapevolezza della popolazione sull’intelligenza artificiale nella sanità. Nonostante solo il 42 per cento degli italiani abbia competenze digitali almeno di base (come evidenziato anche dall’ultimo indice DESI), sono seguite in modo “relativamente costante” le fonti online su questo tema: tra giugno 2019 e luglio 2020 le menzioni di notizie sull’IA nell’assistenza sanitaria sono state 5.500, con un graduale aumento dall’inizio dello scorso anno a causa della diffusione della pandemia COVID-19. Gli argomenti di tendenza sui social media si riferiscono ai progressi delle tecnologie IA, soprattutto sulla prevenzione e la diagnosi delle malattie e sul potenziale nel prevedere e limitare la diffusione del COVID-19.