Bruxelles – Quello tra Kosovo e Serbia è un dialogo di cristallo e ogni mossa politica risoluta all’interno della mediazione europea rischia ogni volta di aprire nuove crepe. Ieri (mercoledì 24 febbraio) è toccato alla commissione esteri del Parlamento UE che, dopo aver adottato una relazione sul cammino europeo del Kosovo e i problemi nel dialogo con Belgrado (soprattutto dopo le elezioni del 14 febbraio), ha ricevuto pesanti critiche proprio del governo serbo.
Il motivo delle nuove polemiche si trova scritto nell’ultimo punto della relazione: l’invito ai cinque Paesi UE che ancora non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Slovacchia, Cipro e Romania) a cambiare posizione quanto prima e ad allinearsi agli altri 22 Stati membri. “L’indipendenza del Kosovo è irreversibile”, si legge nel testo preparato dalla relatrice Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE) e “il riconoscimento da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione sarebbe vantaggioso per la normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”. A marzo toccherà al Parlamento UE, riunito in sessione plenaria, esprimersi con il voto.
Il ministro del Esteri serbo, Nikola Selaković, ha definito la relazione “inammissibile e inappropriata”. Il ministro ha anche sottolineato come fino a questo momento l’UE abbia cercato “come entità politica ombrello, di mantenere almeno formalmente la sua posizione di neutralità di status“, una “condizione preliminare per raggiungere soluzioni durature e sostenibili” nel dialogo facilitato tra Serbia e Kosovo. Al contrario “l’appello della relatrice von Cramon-Taubadel è una flagrante deviazione dalla precedente politica di Bruxelles“.
La relazione
Nella relazione adottata dalla commissione AFET il punto principale è però quello relativo al riconoscimento del costante impegno di Pristina “ad avanzare sulla sua strada europea” e “il forte sostegno all’integrazione europea tra la popolazione del Kosovo”. Per questi motivi, “la commissione ha invitato il Consiglio UE ad adottare il regime senza visti per i cittadini del Kosovo [la possibilità di attraversare i confini senza l’obbligo di aver prima ottenuto un visto d’ingresso, ndr]”.
Il testo approvato con 50 voti favorevoli, 10 contrari e 9 astensioni è partito dalle considerazioni della relazione sul Kosovo 2019-2020 della Commissione UE. Considerata la continua lotta “contro l’instabilità politica” interna al Paese, gli eurodeputati hanno invitato tutte le forze politiche a “riformare il sistema per migliorare la certezza dello Stato di diritto e il processo di formazione di un nuovo governo”.
La commissione esteri del Parlamento UE ha deplorato “il debole livello di attuazione” del quadro giuridico sullo Stato di diritto, con focus particolari sulla corruzione (“il sistema giudiziario continua a essere minato da carenze in materia di responsabilità, trasparenza e interferenze politiche”), imprese statali (“devono essere più responsabili e con una migliore supervisione finanziaria”) e pubblica amministrazione (“ribadiamo la richiesta di un chiaro impegno politico verso una riforma”). Sul fronte dei media, nonostante in Kosovo si presenti “un ambiente mediatico pluralistico e vivace“, gli eurodeputati hanno ricordato la necessità di “garantire la piena trasparenza sulle proprietà” e “l’indipendenza da qualsiasi influenza politica”.
L’ultimo punto della relazione – quello sul rapporto tra Pristina e Belgrado – è stato quello più controverso. Gli eurodeputati hanno sottolineato che “la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo è la priorità”, come “condizione preliminare per l’adesione all’UE di entrambi i Paesi“. Per questo motivo i due governi (quello kosovaro è in corso di formazione, ma sarà presumibilmente guidato dal leader della sinistra nazionalista, Albin Kurti) si devono astenere da “qualsiasi azione che possa minare la fiducia tra le parti”. La nuova maggioranza dell’Assemblea nazionale del Kosovo è stata richiamata ad “affrontare i problemi nel suo approccio al dialogo con Belgrado”.
Pochi margini di polemica, se non si considerasse l’appello a tutti i Paesi membri UE a riconoscere l’indipendenza del Kosovo per fare fronte comune a Bruxelles nella mediazione di un dialogo già complesso di per sé.
Accuse e controaccuse
“Questo risultato mostra che la maggioranza del Parlamento Europeo sostiene il Kosovo nel suo percorso europeo“, ha dichiarato la relatrice von Cramon-Taubadel. “Ma c’è ancora molto lavoro da fare”, soprattutto sul fronte della “stabilità politica per attuare tutte le riforme necessarie”. Su Twitter ha aggiunto che Bruxelles e Pristina dovranno lavorare “insieme”, concentrandosi sul “regime di esenzione dei visti, la lotta alla corruzione, la sanità, l’educazione e gli investimenti sull’energia verde”.
https://twitter.com/ViolavonCramon/status/1364476540592017409?s=20
Dura la risposta del ministro serbo Selaković, che ha definito il documento della commissione esteri come “un’iniziativa di lobbying personale dell’eurodeputata von Cramon-Taubadel“. Il ministro degli Esteri ha incalzato le istituzioni europee a “non essere parte del problema, ma parte della soluzione per la stabilizzazione dei Balcani occidentali”.
La relatrice per il Kosovo al Parlamento UE in questi giorni si trovava già nell’occhio del ciclone serbo per aver parlato su Twitter della presenza di “media statali a Belgrado”, controllati dal presidente Aleksandar Vučić, che distribuiscono “disinformazione e propaganda”. L’eurodeputata aveva scritto che “non c’è bisogno di bot quando hai la tua Tv, radio e giornali”, condividendo la foto del grande manifesto che campeggiava nei mesi scorsi a Belgrado per ringraziare il leader cinese, Xi Jinping, per le massicce forniture di materiale medico-sanitario inviate all’inizio della pandemia COVID-19 nel 2020.
Proprio il ministro Selaković martedì (23 febbraio) aveva definito von Cramon-Taubadel “un’agitatrice anti-serba” e tacciato le sue accuse come “autentiche menzogne e totali invenzioni che danneggiano la reputazione della Serbia”. Il ministro degli esteri serbo aveva ribadito che “il nostro è un Paese democratico, dove i media hanno piena libertà di definire la propria politica editoriale”, accusando l’eurodeputata di essere “creatrice di notizie false in seno all’amministrazione europea“.
Va ricordato che nell’Indice 2020 sulla libertà di stampa di Reporters Sans Frontières la Serbia è scivolata al 93esimo posto su 180 Paesi, perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente soprattutto per “l’inazione contro gli attacchi contro i giornalisti indipendenti”.
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