Bruxelles – Panama, assieme a Barbados, Grenada, Corea del Sud, Macao, Mongolia, Tunisia e Emirati Arabi Uniti, non è più nella black list dei Paradisi fiscali che l’Unione europea aveva stilato lo scorso dicembre. Restano nella lista nera, Bahrain, Guam, Isole Marshall, Namibia, Palau, Saint Lucia, Samoa, Trinidad e Tobago.
Sotto la spinta delle inchieste Panama Papers e Paradise papers, e sotto continue esortazioni dall’Unione europea, la settimana scorsa il governo di Panama ha firmato a Parigi un accordo con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che impegna il paese del Centro America a immettere le proprie informazioni finanziarie in un canale cui hanno accesso circa cento paesi. Il canale permette di coordinare le azioni di contrasto alle azioni criminali che vengono nascoste dal segreto bancario.
Il sottosegretario generale dell’Ocse Masamichi Kono, riferisce la stampa panamense, si è complimentato con il governo di Juan Carlos Valera per aver fatto un “passo fondamentale” nella messa in moto di una “vera rete globale di intercambio” sottolineando che si tratta di una scelta che mette il paese in una “eccellente posizione” per mostrare il proprio impegno a combattere l’evasione fiscale su scala internazionale.
I ministri delle finanze riuniti nel Consiglio dell’Unione europea (Ecofin) hanno deciso che gli 8 paesi saranno inclusi nella lista grigia, ovvero l’elenco dei paesi che continueranno ad essere monitorati dall’Ue per quanto riguarda gli impegni sul rispetto degli standard internazionali.
“Il nostro processo di valutazione sta già dimostrando il suo valore – ha dichiarato Vladislav Goranov, ministro delle finanze della Bulgaria, che attualmente detiene la presidenza del Consiglio -. Le giurisdizioni di tutto il mondo hanno lavorato duramente per prendere impegni per riformare le loro politiche fiscali”.