Di Tonia Mastrobuoni, per Repubblica.
Bonn – Il congresso straordinario della Spd di Bonn ha approvato l’avvio dei negoziati con Angela Merkel per una terza Grande coalizione con 362 “sì” dei 642 delegati e big del partito presenti. Dopo una giornata sofferta, di applauditissimi interventi anti-accordo e scarso entusiasmo per le pragmatiche e, qua e là, rassegnate relazioni a favore della Grande coalizione da parte dei ‘big’ – a partire da quella di Martin Schulz, accolta da un minuto scarso di battimani – non è esagerato dire che i 600 delegati hanno votato anche per il futuro dell’Europa.
Nella sua relazione, Schulz ha finalmente rivendicato proprio questo suo tema d’elezione, rimosso per l’intera campagna elettorale, per sottolineare che il pre-accordo con Merkel è già “un manifesto per una Germania europea”. E la rinuncia all’opportunità di stare al governo e di riformare l’Europa insieme a Emmanuel Macron, ha scandito davanti ai 600 delegati, “sarebbe un errore”. Ad un certo punto Schulz ha alzato lo sguardo dal foglio, ha sussurrato “ieri mi ha telefonato Macron”, è sembrato perdere il filo, ma lo ha ripreso immediatamente.
L’ex presidente del Parlamento europeo ha ricordato che già nella fase preliminare con Cdu e Csu sono stati concordati una pensione minima più alta, la parità dei contributi sanitari tra datori di lavoro e lavoratori e l’abolizione del contributo di solidarietà per i meno abbienti. Schulz ha promesso un ulteriore impegno per una stretta sui contratti a termine, per una sanità più equa e per una maggiore solidarietà con i migranti e ha puntualizzato che “con noi non ci sarà mai un tetto ai profughi”.
Rispondendo ai timori dei suoi oppositori, Schulz ha detto che “governare e innovare non sono in contraddizione” e ha promesso anzitutto un percorso di rinnovamento per i socialdemocratici. Il segretario generale Lars Klingbeil preparerà una proposta entro marzo, su questo. Schulz ha anche messo in guardia da quella che è “unica aleternativa” alla Grande coalizione: “nuove elezioni”. E ha buttato lì ancora una volta la proposta di una verifica tra due anni, un tagliando a metà legislatura.
Ai delegati che temono che la Spd continui ad annacquare la propria identità convivendo con Merkel, tutti i maggiorenti del partito hanno ricordato che i risultati raggiunti finora, nel pre-accordo, non sono così terribili: “Certo che lavoreremo per migliorarli”, in fase della definizione del contratto di coalizione, ha sintetizzato la governatrice della Renania-Palatinato, Malu Dreyer, aggiungendo che “non possiamo promettere nulla”. E proprio l’ex scettica della Grande coalizione è stata forse una delle grandi delusioni, per gli oppositori della GroKo: ha votato sì. Così come il leader dell’ala sinistra, Ralf Stegner, che ha letteralmente gridato: “Con noi, col partito del profugo Willi Brandt, non ci sarà mai un tetto ai profughi!”.
La superstar del momento, il grande nemico della Grande coalizione, il leader dei Giovani, Kevin Kuehnert, ha accusato il partito di aver fatto troppo da “portavoce della GroKo, in questi quattro anni” e ha parlato di “una crisi di fiducia nel partito” dopo che Schulz aveva prima annunciato che la Spd sarebbe stata all’opposizione, per poi rimangiarsi la parola dopo il fallimento delle trattative Cdu/Csu-liberali-Verdi. “Comunque vada oggi – ha chiosato – ci faremo del male”. Tuttavia Kuehnert ha anche detto che il risultato della conta dei delegati di oggi andrà accettato. Un modo per allontanare lo spettro della scissione, evocato da qualcuno nei giorni scorsi.
Kuehnert ha anche risposto per le rime al leader della Csu, Alexander Dobrindt, che aveva parlato con disprezzo di una “rivolta dei nani”, a proposito del “no” dei Giovani della Spd alla riedizione dell’alleanza con Merkel. “Oggi siamo nani per essere giganti, un giorno”. E molti delegati si sono presentati con un cappello rosso a punta, da nano. Gli unici di cui si potesse essere sicuri che avrebbero votato “no”.
Senza dubbio l’intervento più passionale del fronte del ‘sì’ è stato invece quello di Andrea Nahles. La ‘pasionaria’ della Spd, la brillante ex ministro del Lavoro che, pur essendo la più gettonata successora di Schulz, si è schierata dal primo istante a suo fianco per una riedizione della GroKo, ha ricordato che non ci sono i numeri per un’alternativa, ad esempio per un governo di centrosinistra. E ha letteralmente urlato, sbattendo le mani sul podio: “Se torniamo al voto, gli elettori ci diranno: ma siete matti?”. Per fortuna, il pericolo è sventato. Per ora. Il prossimo giogo, per Martin Schulz, si chiama referendum tra gli iscritti. Ma quello arriverà dopo i negoziati per il contratto di coalizione. E la Spd dovrà cercare di ottenere qualcosa di più, stavolta.