Bruxelles – Gli Stati Uniti spostano l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. La decisione è stata presa dal presidente Usa, Donald Trump, di cui si attende solo l’annuncio ufficiale. La mossa ha una valenza politica non indifferente, in quanto Gerusalemme è parte contese delle comunità ebraica e palestinese, e l’apertura della sede diplomatica nella città ne implica un riconoscimento di capitale israeliana.
Si tratta di una decisione “molto importante” per lo Stato ebraico e il suo popolo, il ministro della Pubblica sicurezza di Israele, Gilad Erdan. “Gerusalemme è la nostra capitale da tremila anni e molti di noi si sarebbero aspettati che l’ambasciata americana fosse già a Gerusalemme”, spiega con qualche punta critica.
Gli Stati Uniti ragionano al trasferimento dell’ambasciata in Israele dal 1995, anno dell’approvazione del “Jerusalem Embassy Act” da parte del Congresso. La legge prevede l’apertura della sede diplomatica nella città santa, col vincolo però della sicurezza. Vuol dire che di sei mesi in sei mesi il presidente può rinviare l’attuazione della legge per motivi sicurezza nazionale. Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama hanno sempre firmato questa deroga, ora Trump decide diversamente.
L’Unione europea è preoccupata. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini, non nasconde che la mossa della Casa Bianca “potrebbe avere gravi ripercussioni sull’opinione pubblica in vaste aree del mondo”. A suo giudizio “l’attenzione dovrebbe perciò restare sugli sforzi necessari per riavviare il processo di pace e sull’evitare qualunque atto che possa minare questi sforzi”.
Erdan, che è anche il numero 2 del Likud , critica proprio l’Unione europea. “Per molti anni ha fatto errori, mettendo pressione solo su Israele”. La decisione americana, dal punto di vista israeliano, “forse cambierà l’equazione, mettendo pressione ai palestinesi perché si siedano al tavolo dei negoziati di pace” .