Bruxelles – Il rapporto delle Nazioni Unite 2017 mostra che l’emigrazione annuale dalla Romania è la seconda più grande del mondo dopo la Siria, Paese stravolto da una tremenda guerra civile. La Siria ha registrato un aumento del 13,1% all’anno, mentre la Romania del 7,3%. La Polonia si è classificata terza con il 5,1%. E questa migrazione ha un prezzo: secondo l’Autorità nazionale per la protezione dei diritti dei bambini e l’adozione, 18.403 bambini rumeni hanno entrambi i genitori che lavorano all’estero. La stragrande maggioranza di loro – il 93% – rimane sotto la supervisione di parenti e vicini, senza misure di protezione sociale. Gli altri spesso finiscono in affidamento.
I rumeni iniziarono a migrare soprattutto dopo la rivoluzione rumena del 1989, segnata dall’uccisione del presidente comunista Nicolae Ceausescu. Lasciarono la loro patria principalmente per motivi economici ma anche alla ricerca della libertà, dopo decenni di isolamento. Le cose per il Paese però sono poi andate sempre peggiorando e oggi, circa 4 milioni di rumeni lavorano all’estero o vi si sono stabiliti con le famiglie. Secondo la Banca nazionale rumena, nel 2016 gli emigranti hanno inviato a casa 3,15 miliardi di euro – il 13,2% in più rispetto all’anno precedente. La somma è paragonabile ai 4 miliardi di euro investiti in Romania da società straniere nel 2016.
La Romania ha un basso tasso di natalità. All’inizio degli anni ’90, più di 6,6 milioni di bambini vivevano in Romania. Oggi ce ne sono solo 3,6 milioni. Di questi 96.723 ha almeno un genitore all’estero.