Bruxelles – Brutte notizie per gli europei. Per aumenti di stipendio bisognerà ancora attendere. A dirlo il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nel corso del tradizionale dialogo economico con il Parlamento europeo. La situazione è cambiata, “l‘espansione economica rimane solida e ampia a livello di paesi e settori dell’area dell’euro, sostenuta principalmente dalla domanda interna”, le riforme sono state fatte, eppure nonostante tutto “i miglioramenti dei mercati del lavoro che abbiamo osservato hanno ancora bisogno di tempo per tradursi in una crescita dei salari più dinamica”. Questa situazione, spiega Draghi ai deputati della commissione Affari economici, si deve almeno a due fattori. “Una ragione per i bassi salari è il fatto che finora la priorità è stata mettere in sicurezza l’occupazione”, a cui si aggiunge il fatto che “la produttività rimane bassa”. Insomma, le condizioni per un aumento nei livelli di busta paga dovrebbero esserci e lo stesso Draghi ammette di attendersi “una crescita nominale”, senza però specificare quando.
Deve chiarire, questo sì, che la Bce “non ha violato il mandato” che è proprio dell’istituto di Francoforte nell’adozione del maxi programma di acquisto di titoli pubblici noto come ‘Quantitative Easing’ (o Qe). Chiarimenti necessari perché espressamente richiesti da Bernd Lucke, esponente tedesco del gruppo dei Conservatori europei (Ecr) che sostiene la tesi di un Bce troppo interventista, anche oltre il consentito. “Il Qe non è una violazione del nostro mandato”, e anzi è forse l’unica risposta alla crisi. “I trattati dell’Unione europea hanno dato alla Bce l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi nell’area Euro, e la politiche monetarie sono state fondamentali per sostenere la crescita, soprattutto in tempi in cui non c’era alcuna politica” di questo tipo. Una sottolineatura, quest’ultima, che intende richiamare i Paesi membri a fare ciò che finora è stato fatto poco o male: riforme, riforme e riforme.
Draghi torna chiedere riforme strutturali e azioni per il risanamento dei conti, perché “non si tratta solo di fare le riforme, ma è tempo di migliorare la situazione di bilancio”. Ma soprattutto è tempo di ripulire le banche dai crediti deteriorati, i prestiti di difficile restituzione. Un problema italiano, ma non solo italiano, per cui il presidente dell’Eurotower chiede rimedi. “Sono stati compiuti progressi, ma le misure prese riguardano i nuovi crediti deteriorati, non quelli vecchi”. C’è dunque “un problema di eredità” in Europa che necessita interventi.
Per quanto riguarda la Brexit Draghi non sembra essere preoccupato delle eventuali ricadute finanziarie, se però il processo “sarà gestito in maniera ordinata”.