Bruxelles – Con i negoziati per la Brexit in stallo Londra prova a dividere gli Stati membri dell’Unione. Il ministro responsabile delle trattative per il divorzio, David Davis, ha puntato il dito contro Germania e Francia affermando che sono loro i responsabili dell’impasse, mentre ci sarebbero altri paesi, tra cui l’Italia, favorevoli a dei compromessi. “Sono tanti gli Stati membri che considerano il raggiungimento degli accordi commerciali molto importante per loro. La Danimarca, l’Olanda, l’Italia, la Spagna e la Polonia hanno tutte le carte in regola per trarne beneficio”, ha dichiarato alla Bbc. E alla giornalista che gli chiedeva se a suo avviso invece Parigi e Berlino stessero bloccando le trattative ha risposto: “Certo che lo stanno facendo”. Davis ha sottolineato che “Germania e Francia sono gli attori più potenti del continente europeo. Quindi quello che sostengono è assolutamente influente” ma la Brexit “è una decisione tutta europea, è una decisione che devono prendere tutti i 27 paesi”. Per questo, ha aggiunto “voglio che scendano a compromessi, niente viene per niente in questo mondo”.
Le dichiarazioni di Davis arrivano una settimana dopo che il capo per le negoziazioni Brexit dell’Unione europea, Michel Barnier, ha dato al Regno Unito due settimane di tempo per fare i chiarimenti necessari sui punti chiave della trattative (diritti dei cittadini, questione irlandese, e regolamento finanziario) per permettere di passare alla fase due dei negoziati, quelli sulle future relazioni tra Londra e Bruxelles.
Il segretario inglese per la Brexit in un’intervista alla Bbc ha lasciato intendere che la Gran Bretagna, sarebbe stata disposta ad accettare la giurisdizione della Corte di giustizia europea nella prima fase del divorzio, durante il periodo di transizione. “La trattativa comincerà seguendo i regolamenti e le normative attualmente vigenti, quindi idealmente finiremo la transizione con un altro meccanismo di arbitrato, ma questa è la negoziazione “. Il Regno Unito ha “offerto alcuni compromessi creativi” in sede di negoziato, ha ribadito Davis, parlando della presunta apertura di Londra per trovare una soluzione sui nodi cruciali.
Davis ha anche manifestato la volontà di abbandonare l’emendamento del governo che ha fissato una data per l’uscita dall’Ue: “È una buona idea fissare la data 29 marzo 2019 perché in questo modo si sta affermando una chiara politica del governo, tuttavia la data è oggetto di dibattito in Aula e sarà discussa nell’Assemblea, e alcune parti cambieranno man mano che andremo avanti, indubbiamente”. E si è lasciato scappare che fra le concessioni che il governo di Theresa May avrebbe fatto ci sarebbe il diritto di voto nelle elezioni locali britanniche per i cittadini Ue residenti nel Regno.
Secondo il “Financial Times”, riguardo i 60-100 miliardi chiesti dalla Commissione europea per uscire dall’Ue, i negoziatori britannici sperano di ridurre il conto totale a soli 32 miliardi. Intanto pero’ Davis, ha apertamente chiesto alla May di non fare alcuna concessione sui soldi da versare per il costo del divorzio prima del cruciale vertice di dicembre. Davis è convinto che l’ammontare esatto di quel contributo sarebbe l’unica arma concreta in mano alla Gran Bretagna sul tavolo dei negoziati per il futuro dei rapporti commerciali con l’Ue. La dichiarazione del ministro per la Brexit arriva nel momento in cui stanno diventando sempre più forti le pressioni europee affinché i britannici facciano promesse “concrete” su quanto intendano pagare per l’abbandono dell’Ue.
Nel frattempo, il ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney, ha invitato il Regno Unito a dare all’Irlanda “più chiarezza” sulle sue proposte per il confine irlandese dopo la Brexit. “Vogliamo tutti passare alla seconda fase dei negoziati, ma non siamo in questo momento nella posizione di farlo”, ha detto Coveney in un briefing a Dublino con il segretario degli esteri britannico, Boris Johnson. E soprattutto, Coveney si è soffermato sui temi più caldi: “Abbiamo anche problemi molto seri nelle discussioni della prima fase, in particolare riguardo la frontiera e l’accordo del Venerdì Santo per il processo di pace, che richiedono maggiore chiarezza.”
Per Coveney, i negoziati finali sull’uscita della Gran Bretagna e le sue implicazioni per l’Irlanda potrebbero richiedere fino a cinque anni per essere risolti. Johnson, che ha fatto la sua prima visita in Irlanda da quando è diventato segretario degli esteri a luglio 2016, ha detto che né a Londra né a Dublino c’è qualcuno che vuole vedere un confine restrittivo tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica irlandese dopo la Brexit. Il capo della diplomazia britannica ha assicurato di aver riconosciuto le “circostanze uniche” del confine. “Dobbiamo lavorare insieme, e per risolvere questi problemi, e per fare il bene per il nostro popolo, è necessario ora passare alla seconda fase dei negoziati “.