Bruxelles – “Un anno non è sufficiente per stabilire se le riforme stanno producendo risultati”, e per questo servirebbe riconsiderare il modo di valutare gli sforzi dei governi su una base “pluri-annuale”. Lo sostiene il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, convinto della necessità di ripensare alcuni aspetti del semestre europeo, l’esercizio del coordinamento delle politiche economiche europee. Il principio non è nuovo, e Padoan lo sostiene da tempo. “Le riforme richiedono tempo per l’approvazione e l’attuazione, richiedono tempo perché siano capite dai cittadini come delle buone idee, e richiedono tempo perché diano risultati”. Per questo, secondo Padoan, “abbiamo bisogno di un periodo multi-annuale per valutare se le riforme danno i loro frutti o no”. Questo, assicura il ministro, “non è un modo per cercare di scappare dagli obblighi” previsti dalle regole comunitarie.
Padoan assicura comunque che l’Italia non si è mai sottratta dai suoi doveri. L’Italia sta facendo le riforme e sta risolvendo i problemi che ha, questo il messaggio che ha voluto lanciare ai partner europei intervenendo alla conferenza ‘Reinventare la convergenza economico-sociale’, organizzata dalla Commissione europea. “L’Italia si è trovata ad affrontare tre sfide: stabilizzazione delle finanze pubbliche, stimolo dei potenziali di crescita, e riforma del settore bancario”. Si tratta di tre aspetti che “interagiscono fortemente” tra loro e che rappresentano, soprattutto in tempo di crisi come quella che ha vissuto l’Europa, “il peggior esempio di circolo vizioso”. Adesso però la situazione è cambiata. “Abbiamo voltato pagina, aprendo un circolo virtuoso”, fatto di riforme e correzioni. Padoan ha ricordato in tal senso che la curva del debito pubblico è prevista in discesa, ha ricordato la riforma del mercato del lavoro (il Jobs act), quella della giustizia civile, “uno dei principali ostacoli per il business”, le tre riforme per il settore bancario e gli interventi a sostegno degli istituti di credito in sofferenza (Montepaschi, le banche venete). E ha assicurato che non è che l’inizio. “Ogni Paese ha un’agenda strutturale, e le agende strutturali non finiscono”. Un messaggio anche per il prossimo governo che verrà. “Finisce il mandato politico, ma non il lavoro sulle riforme”.