Il momentum, il momentum! Non perdere l’impulso! A Bruxelles i leader dell’Ue amano questa parola e da Roma con il voto di fiducia sono arrivate notizie positive per chi vuole cogliere la brezza che comincia a spirare sull’economia europea. Con questa angolatura.
In Italia, a dire il vero, la brezza tira in senso contrario, l’economia è in controtendenza (negativa) rispetto al resto dell’Unione, ma se il governo di Enrico Letta fosse caduto si temeva, a Bruxelles, che le cose sarebbero andate ancora peggio. E’ tutto da dimostrare, da due anni a questa parte la disoccupazione aumenta, il debito aumenta e la crescita cala, si può dire, ed è certamente in buona parte vero, che è colpa dei precedenti governi di Silvio Berlusconi, però se c’è una stabilità politica a Bruxelles la si gradisce, perché, nella teoria economica più diffusa, se il governo è stabile l’economia deve per forza andar bene. Anche in Grecia il governo era stabile fino a qualche anno fa. E pure in Portogallo, e, diciamolo, anche in Italia si son visti lunghi periodi di stabilità negli ultimi venti anni. Ma in tutti questi casi dire che ciò abbia fatto bene all’economia “di per se” è certo un azzardo.
Che l’Italia abbia ritrovato un governo che, probabilmente, sarà in sella fino al consiglio europeo del 24 ottobre prossimo, certo tranquillizza dunque, perché in quel consiglio si deve parlare di rilancio dell’economia, e se tutti i governi , almeno quelli dei paesi più grandi, sono in sella le cose non potranno che andar bene.
Poi però uno si legge le cose che a Bruxelles si scrivono in questi giorni e allora perde il filo. Un documento degli uffici del presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy che ha iniziato a circolare nei giorni scorsi è preoccupante. Il fiammingo, è scritto sulle carte, è preoccupato. Il “semestre europeo”, la grande novità di coordinamento delle politiche economiche degli stati nata per far fronte a nuove possibili crisi non funziona. E perché? Perché i governi “stabili” non la rispettano. Van Rompuy ci ha ragionato, ed è arrivato alla conclusione che, “in parte a causa della mancanza di sufficiente partecipazione a livello nazionale, le raccomandazioni paese per paese hanno sofferto di una lenta o debole attuazione a livello dei singoli stati membri”. Quindi, i governi se ne fregano, sostanzialmente, almeno i più grandi.
Vediamo poi che il presidente della Commissione europea, dall’altra parte della strada del Consiglio, si lamenta della stessa cosa. Scrive una lettera ai capi di governo in vista del prossimo consiglio e gli dice: “I servizi digitali e le telecomunicazioni sono fattori chiave di crescita e di produttività in tutti i comparti delle nostre economie. Ora, tuttavia, non stiamo sfruttando al massimo il loro potenziale per il nostro mercato unico delle telecomunicazioni e dei servizi online, settori in cui l’Ue sta perdendo terreno a favore dei suoi concorrenti internazionali”. E su questo, aggiungiamo noi, da anni la terribile commissaria Neelie Kroes batte il suo martello, ma gli stati, anche qua, se ne fregano e dunque la banda larga non si diffonde, il 4G non funziona, il pressi delle telefonia cellulare variano del 750% all’interno dell’Unione.
Dunque un momentum, il momentum va colto, e su questo Barroso e compagni (contenti che quello che loro giudicano il maggior pericolo, Silvio Berlusconi, sia oramai all’angolo) hanno ragione da vendere, ma cerchiamo di farlo tutti insieme e non preoccupiamoci se un governo cade, magari quello che viene dopo è meglio!
Lorenzo Robustelli