Com’era facilmente prevedibile Angela Merkel ha stravinto le elezioni tedesche. Come ricorda l’ultima edizione di «The Economist», e come avevamo detto noi la settimana scorsa, la Machtfrau è ormai il leader indiscusso non solo della Germania ma dell’Europa e forse dell’Occidente intero, l’unico premier europeo ancora in piedi dopo la crisi finanziaria del 2008.
Una notizia positiva è che i liberali, il partito della finanza e dei ricchi, non hanno raggiunto la soglia del 5% e per la prima volta non entrano nella Bundestag. Sono stati giustamente puniti dagli elettori per aver condotto una campagna grottesca in cui hanno alimentato le antiche paure tedesche di un’iperinflazione in caso di allentamento della politica monetaria.
Per poter fare un governo adesso Angela può scegliere tra i socialdemocratici o i verdi. Quest’ultimi non sono andati bene, anche perché il loro cavallo di battaglia – la chiusura delle centrali nucleari – era stato messo fuori gioco. Ma chiunque sia l’alleato, non farà poi molta differenza. Le scelte cruciali le dovrà fare lei. Da queste scelte capiremo se veramente la Merkel è la grande leader che l’Europa aspettava da anni. Vediamo quali sono queste scelte.
La prima, e la più importante in assoluto, è la scelta del ministro delle Finanze, la carica più importante in Germania dopo la cancelleria. La delusione sarebbe enorme se la scelta cadesse su Wolfgang Schaeuble, il disastroso sostenitore dell’austerità espansiva che tanti danni ha fatto in Europa. Per chi avesse la memoria corta, ricordiamo che a fine 2008, quando si manifestarono le prime tensioni sul debito di alcuni Stati come l’Irlanda, costretta a indebitarsi fino al collo per salvare le sue banche, il suo predecessore Peer Steinbrueck, l’attuale leader dei socialdemocratici, nel governo di Grosse Koalition, dopo essersi consultato segretamente con Christine Lagarde, allora ministro delle Finanze francese, Jean-Claude Trichet, Presidente della BCE e Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo, affermò, nel febbraio del 2009, che l’Eurozona sarebbe stata solidale con i Paesi in difficoltà. Ma, dopo la seconda vittoria elettorale della Merkel, il 27 settembre del 2009, che diede vita a una coalizione nero-gialla con i liberali dell’FDP, la musica cambiò. La Merkel, sotto la spinta di Schaeuble, cominciò addirittura a dubitare dell’euro. L’entourage di Sarkozy ha raccontato che per due anni si è fatto di tutto per impedire ad Angela di abbandonare la navicella dell’euro. Schaeuble è il principale responsabile dei tre anni di caos finanziario che hanno tormentato l’Europa tra il 2010 e il 2013. Se all’inizio del 2010 la Germania avesse dato il suo assenso a garantire i debiti greci, ci saremmo risparmiati molti degli affanni che ne sono seguiti.
Ma quello che stupisce e sorprende è che Schaeuble non abbia ancora preso coscienza di quanto dannosa possa essere una politica di austerity in un periodo di profonda recessione, o addirittura di deflazione, in alcuni paesi come l’Italia. Intervistato da «Die Zeit» ha ripetuto i suoi mantra: «Io chiedo e chiederò che la scelta di una politica di pareggio di bilancio duraturo e sostenibile abbia la priorità, in modo da non minacciare con nuovi auspici di maggiori spese i successi della nostra politica di bilancio». Ma quali successi? È intellettualmente e moralmente inaccettabile che un economista possa ragionare in questo modo. Keynes, e non solo lui, si rivolterebbe nella tomba. L’Europa diventerebbe l’unico posto al mondo in cui si sostiene una tale teoria, in grande contrasto con tutte le altre grandi potenze del mondo, che fanno un uso della politica monetaria e di quella di bilancio totalmente opposte.
Per quanto riguarda le politiche economiche e monetarie la Merkel non dovrebbe prendere molto sul serio né Schaeuble né il presidente della Bundesbank Weidmann, che crede che la creazione di moneta sia una idea del diavolo e per sostenere questa tesi cita spesso – e a sproposito – il Faust parte seconda di Goethe. Se fossero vere le sue teorie, allora Janet Yellen, allieva di un grande premio Nobel, James Tobin, quello della famosa tassa, compagna di studi di un altro premio Nobel, Joseph Stiglitz, e infine persino moglie di un premio Nobel per l’Economia, George Akerlof, e futura (almeno così noi speriamo) presidentessa della Federal Reserve americana, sarebbe la madre di tutti i diavoli. È a lei che Angela dovrebbe guardare, l’infaticabile predicatrice che sostiene che le politiche economiche e monetarie debbano guardare soprattutto alla disoccupazione, l’unico vero obiettivo oggi. Quando il mercoledì prima delle elezioni tedesche il board della Fed si è riunito è stata lei a non volere il famoso tapering annunciato a giugno da Ben Bernanke, cioè la riduzione graduale dell’acquisto di debito americano, attualmente pari a 75 miliardi di dollari mensile. Secondo la Yellen, con una disoccupazione ancora pari al 7,5%, non era il caso di fare riduzioni. E allora perché noi europei dobbiamo continuare a seguire i Schaeuble o i Weidmann con una disoccupazione media del 12%? Ma ancora più interessanti sono i dati che la signora ha portato sul tavolo per difendere la sua posizione. La tipica famiglia americana guadagna oggi meno che nel 1989 e le disuguaglianze si sono ulteriormente allargate. La Yellen, nota per la sua grande gentilezza, ha illustrat ai suoi colleghi uomini uno studio dell’università dove lei ha insegnato per anni, quella di Berkeley. Nello studio si legge quello che tutti noi riusciamo a intuire, e cioè che nel 2012 i guadagni del top 1% della popolazione USA sono cresciuti del 20%, contro un calo del rimanente 99%.
Cara Merkel, lei che ha studiato fisica e chimica si fidi di una grande economista donna come lei e non dia retta ai suoi. Un grande atto di coraggio da parte sua sarebbe la scelta di dare via libera alla BCE a una parziale monetizzazione del debito pubblico. Per paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e l’Irlanda, e persino per la Francia, sarebbe una boccata di ossigeno che potrebbe risollevare in modo sostanziale l’economia. Per l’Italia ridurre il costo degli interessi sul debito di 40-50 miliardi potrebbe rilanciare l’economia alla grande, soprattutto se venissero tutti incanalati per ridurre il cuneo fiscale. Non c’è nessun pericolo di inflazione aumentando la base monetaria per un motivo tecnico. Poiché siamo in una fase che gli economisti chiamano “trappola della liquidità”, un aumento della base monetaria non produce necessariamente un’offerta di moneta.
Parentesi. Sul «Sole 24 Ore» di ieri il consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, ha lanciato l’idea di ridurre il cuneo fiscale di 15-20 miliardi, e per finanziarlo vorrebbe vendere Eni, Enel, Poste e Ferrovie. Una vera e propria follia. Un danno fatale per l’Italia. Renzi non ti far consigliare così, altrimenti siamo fritti.
Infine noi tutti siamo fiduciosi che la Merkel, nota come donna che parla poco, ma le cose che dice le mantiene, proceda verso l’unione politica, come da lei anticipato nel suo discorso al Neues Museum di Berlino il 7 febbraio del 2012, ventesimo anniversario di Maastricht.
Un discorso a parte va fatto sulla Germania nel suo complesso. Sento nell’aria che sta crescendo un forte sentimento antitedesco. Questo non è giusto. Bisogna riconoscere alla Germania i suoi meriti, non solo sul fronte dell’economia ma in quello della democrazia. Dal 1949 ad oggi si sono svolte diciotto elezioni parlamentari ed è difficile pensare alla Germania aggressiva della prima metà del secolo scorso. Sembra ormai solo un incubo del passato remoto. OggiAggiungi un appuntamento per oggi la Germania non è soltanto la più potente economia del continente, ma è diventata anche un modello di grande, stabile e funzionante democrazia. Uno Stato federale modello in cui le istituzioni, sia a livello dei sedici Laender che a livello centrale, sembrano funzionare perfettamente.
Le preghiere che il teologo Dietrich Bonhoeffer rivolse al suo Dio prima di essere impiccato nel campo di concentramento di Flossenburg all’alba del 9 aprile 1945, che la Germania del futuro non fosse mai più simile a quella del passato ma a quella di oggi, sembrano essere state esaudite.
Elido Fazi