Bruxelles – Arriva da Roma la conferma: l’Istituto italiano di cultura a Bruxelles lascerà la storica e (per quanto in cattivo stato) bella sede di rue de Livourne 38 per trasferirsi in un brutto e non funzionale edificio dall’altra parte della città, inutilmente più vicino alle istituzioni europee.
Dunque il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha mentito parlando lo scorso anno davanti agli italiani all’estero riuniti alla Farnesina, quando disse che “sotto il mio mandato non si venderà l’Istituto italiano di cultura di Bruxelles. Sto seguendo in prima persona le questioni del patrimonio immobiliare all’estero”. Con una certa sfacciataggine aggiunse: “Siamo anche noi vittime di fake news”. In realtà la notizia falsa l’aveva costruita lui, con maestria. Dicendo che non avrebbe venduto aveva lasciato intendere a noi cittadini che abbiamo, chissà perché, fiducia nelle istituzioni, che “non vendere” e “non trasferire” la sede fossero sinonimi. Invece no, a quanto pare dagli atti parlamentari, la sede se ne andrà, come previsto da un paio d’anni e denunciato da Eunews, in una brutto palazzo moderno, che non ha spazi come il teatro che ora c’è, o la biblioteca, che ora c’è, o le tante sale espositive, che ora ci sono. Ma la vecchia, nell’immediato non sarà venduta. E’ però chiaro che la cessione ci sarà, altrimenti non ha senso quello che ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Amendola, cui Alfano ha delegato la scrittura di una lettera di risposta ad un’interrogazione del senatore Pietro Liuzzi.
Liuzzi in una interrogazione chiedeva ad Alfano cosa pensa di fare circa la presenza culturale italiana a Bruxelles, perché “se c’è una città al mondo dove dimostrare che l’Italia è capace di pensare e di progettare, questa città dovrebbe essere proprio la capitale dell’Unione europea, tanto più in un momento come quello attuale, dove il nostro Paese è fortemente impegnato a sostenere e consolidare le istituzioni europee e quello che queste rappresentano per il nostro futuro”.
Amendola la prende alla larga, e spiega che “razionalizzare le proprietà immobiliari dello Stato all’estero è una delle priorità che la legge ha assegnato alla Farnesina”, ricordando i vincoli posti dalla legge di stabilità del 2016. Poi arriva la la legge di bilancio per il 2017 con la quale si stabilisce che “il ministero dovrà conseguire dalle dismissioni immobiliari proventi per 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, mentre per il 2019 è stato inserito un target di 16 milioni di euro. La manovra deve essere accompagnata, in un’ottica di riduzione delle spese fisse, da una politica di razionalizzazione degli immobili demaniali attraverso l’accorpamento di uffici, la condivisione di servizi, inclusi quelli relativi alla sicurezza, e la realizzazione di aree comuni”.
Amendola, dice poi che l’edificio di Casa Italia “non è in vendita”, però ammette che “l’immobile, costruito nel 1890, necessita di importanti interventi di recupero, messa a norma e sicurezza, poiché presenta oggettive carenze logistiche (accesso pedonale e carraio unificato), funzionali (impianti obsoleti, percorsi e vie di fuga a rischio, mancanza di accesso per disabili) e strutturali”. Però non si capisce per quanto non sarà in vendita, oltre al fatto che non essendoci nessun progetto di recupero il ritorno lì di Casa Italia è da escludere. Anche perché è l’unica soluzione coerente con le norme finanziarie e il fatto che, come ha spiegato Amendola “il ministero ha acquistato il complesso immobiliare di rue Joseph II dalla banca Monte Paschi Belgio, una banca di diritto belga del gruppo Monte dei Paschi di Siena. Il decreto di approvazione del contratto è stato registrato dalla Corte dei conti il 28 marzo 2017 e l’amministrazione entrerà in possesso dell’immobile nella sua interezza nel marzo 2018. L’immobile è adiacente a quello che già ospita la rappresentanza permanente presso l’ Unione europea, in Rue du Marteau”.
“Con il suo acquisto – specifica Amendola – si intende creare un polo Italia, ove insediare vari uffici dell’amministrazione pubblica nella capitale belga, con significativi risparmi sui costi di gestione e funzionamento. Il nuovo complesso immobiliare che deriverà dall’accorpamento dei due edifici è ispirato alla logica del sistema Paese, posto che al suo interno potranno trovare spazio, oltre agli uffici del ministero, anche altre amministrazioni dello Stato, attratte dalla vicinanza alle istituzioni europee e dalle ottime condizioni dell’edificio”. Non si capisce che bisogno abbiano le “amministrazioni dello Stato” di stare vicine alle istituzioni europee, daro che l’Istituto di Cultura lavora sul Belgio, non sulla Commissione europea. “Il prezzo dell’operazione – continua il sottosegretario – è di 13.500.000 euro, da pagare in 3 rate, per circa 5.000 metri quadri. Una perizia indipendente ha stimato il valore del complesso tra 14.976.000 e 15.765.000 euro, per cui si tratta di un buon investimento immobiliare, peraltro ammortizzabile nell’arco degli anni grazie ai detti risparmi”.