Bruxelles – La conservatrice Erna Solberg si conferma primo ministro norvegese. La sua coalizione di destra, al potere dal 2013, ha vinto le elezioni parlamentari conquistando 89 dei 169 seggi, poco più della maggioranza. Si tratta di un risultato storico per due motivi. Da un lato c’è l’ampio consenso ottenuto dal Partito del Progresso, alleato euroscettico dei conservatori, che col suo 15% potrebbe ottenere una rinegoziazione dello spazio economico europeo. Dall’altro, c’è Solberg: la seconda donna a governare il paese ma soprattutto il primo leader conservatore ad ottenere il secondo mandato in un’area, quella scandinava, con una lunga tradizione socialdemocratica.
“Sapevamo che sarebbe stato un testa a testa, e così è stato”, ha commentato il leader laburista John Gahr Store, ammettendo la sconfitta. “Purtroppo i nostri sforzi non sono stati sufficienti a dare alla Norvegia un nuovo governo”. A nulla è infatti valsa la maggioranza relativa dei voti ottenuta dal suo partito. Il sistema norvegese è un proporzionale puro e a vincere sono le coalizioni.
Secondo gli analisti, a decretare il successo di quella di centrodestra guidata dai conservatori e dall’euroscettico Partito del Progresso di Sylvi Listhaug, sono state soprattutto la buona situazione economica e il calo della disoccupazione: due realtà che vanno attribuite proprio alle politiche degli ultimi due anni. Il buon utilizzo del fondo sovrano nazionale e un massiccio investimento nel sociale hanno infatti fatto sì che l’unico Paese produttore di petrolio in Europa si riprendesse dalla crisi nera del 2014, una conseguenza del crollo del prezzo del greggio a seguito della quale più di 50.000 persone persero il lavoro. Non solo. Solberg ha ridotto le tasse – una misura molto felice in uno degli stati con la più alta imposizione fiscale al mondo- e attuato una stretta sull’immigrazione in un anno, il 2015, nel quale sono arrivate 31.000 nuove richieste d’asilo. Un’enormità in uno stato dove abitano poco più di 5 milioni di persone.
Cosa ci si può aspettare ora da Solberg? I media norvegesi parlano essenzialmente di un programma all’insegna della continuità. Gli unici cambiamenti, se ci saranno, riguarderanno i rapporti con l’Europa e la politica energetica. Il Partito del Progresso, una formazione euroscettica, preme da anni per una rinegoziazione del See, lo spazio economico europeo. Finora il tema non è finito nemmeno nel dibattito politico ma il 15% ottenuto alle elezioni potrebbe cambiare le carte in tavola.
Dal punto di vista energetico, la Norvegia potrebbe invece decidere di mettere fine all’esplorazione di gas e petrolio nelle acque artiche, dopo aver già deciso di far scomparire tutti i veicoli a combustione fossile entro il 2030. A chiedere che il governo si assuma questo nuovo impegno sono i suoi alleati liberali e cristiani democratici ma la misura troverebbe d’accordo anche i verdi che sono all’opposizione e desiderano per il loro Paese un futuro che non dipenda più dall’oro nero.