Bruxelles – Il maltempo farà sempre più vittime. Se non si cambia approccio e si mettono in atto politiche di prevenzione e mitigazione dei rischi, per la fine del secolo due cittadini europei su tre saranno esposti al rischio di morte legato agli avvenimenti atmosferici estremi. E’ l’allarme lanciato dal Centro comune di ricerca della Commissione europea (Jrc), nello studio pubblicato da Lancet. Tra il 1981 e il 2010 nel territorio dell’Ue hanno perso la vita mediamente tremila persona all’anno, e il numero rischia di moltiplicare di 50 volte, arrivando a 152mila ogni 365 giorni. Stime peraltro tenute al ribasso, perché nello scenario più pessimistico le vittime da catastrofi naturali potrebbero arrivare fino a toccare quota 239.800 morti.
Lo studio non ha dubbi: col tempo al crescere della popolazione aumenterà la fascia di cittadini esposta alle calamità naturali (da 25 milioni di persone fino al 2010 a 351 milioni nel 2011, con picchi fino a 523 milioni nel caso peggiore). Già tra meno di quindi anni, nel 2040, il numero di vittime da maltempo potrebbe decuplicare rispetto ai parametri di riferimento del periodo 1981-2010, passando da tremila a 32.500 morti in tutta Europa. Numero che però potrebbe anche crescere di venti volte, secondo lo scenario più pessimistico (59.300 vittime).
I cambiamenti climatici che possono avere una “possibile influenza” per le sfide dell’avvenire. Temperature estreme (ondate di calore e freddo rigido), incendi, siccità, inondazioni fluviali e costiere, e tempeste di vento sono quindi destinati a mettere sempre sotto pressione territori europei e loro abitanti. Le risposte che si rendono necessarie passano per prevenzione, messa in sicurezza del suolo, piani di riduzione del rischio di dissesto idrogeologico. Una partita tutta nazionale, perché spetta agli Stati membri investire su questo. La Commissione europea può dare una mano nel coordinamento delle politiche nazionali e intervenire in caso di crisi, ma non può rimodellare i sistemi Paese.
L’avvertimento è lo stesso per tutti. “Il riscaldamento globale – mette in guardia lo studio – potrebbe portare ad un rapido aumento dei costi dei rischi legati agli agenti atmosferici in Europa, a meno che non vengano adottate adeguate misure di adattamento”. L’analisi degli esperti del Centro comune di ricerca dell’Ue “potrebbe contribuire alla priorità degli investimenti regionali” per affrontare le ricadute sull’uomo dei rischi legati alle condizioni atmosferiche e le differenze nelle capacità di adattamento. Si può in sostanza suggerire ai governi dove e come intervenire. L’ultima parola spetta però agli Stati membri.