Bruxelles – L’Europa non si sente al sicuro ma non fa abbastanza per mettersi al riparo dai pericoli. “L’attuazione incompleta delle politiche in vigore resta un problema irrisolto, come anche l’evoluzione delle minacce (radicalizzazione, criminalità informatica)”, rileva la nona relazione sui progressi dell’Unione sulla sicurezza, pubblicata oggi. “Nell’insieme, questi elementi potrebbero richiedere modifiche degli strumenti in vigore”, ma soprattutto sforzi veri per fare ciò che si renderebbe necessario per la pubblica sicurezza. Ma c’è di più. Questo la relazione non lo dice, ma c’è il rischio che parte di quanto fatto finora possa essere stato basato dispositivi non validi, come il Pnr, la raccolta dati dei passeggeri aerei. Da poco l’Ue ha approvato una direttiva in materia, direttiva che però si basa su un accordo recedentemente stipulato con il Canada e che è stato bocciato dalla Corte di Giustizia Ue perché contrario ai Trattati. Ecco allora che tra le cose fatte male e quelle non fatte per niente, l’Unione europea si scopre esposta alle minacce esterne.
La relazione della Commissione europea ripercorre 15 anni di politica di sicurezza dell’Ue: la valutazione è positiva in termini di progressi compiuti nel tempo e conferma la pertinenza dei principali strumenti di tale politica, ma ne rileva anche le sfide e lacune. Tra queste la necessità di adattare le politiche e gli strumenti a disposizione per rispondere alla minaccia in continua evoluzione che il terrorismo rappresenta. La Commissione chiede perciò “la piena attuazione delle misure dell’Ue”, ma nel fare questo fa un clamoroso autogol, giacché precisa che in tal senso “continuerà a sostenere gli Stati membri nell’attuazione della normativa Ue, ad esempio la direttiva Ue sul codice di prenotazione (Pnr)”, un provvedimento riconosciuto ‘incostituzionale’ dalla Corte di giustizia dell’Ue. Secondo i giudici di Lussemburgo l’accordo con il Canada per un Pnr “non può essere concluso nella sua forma attuale a causa dell’incompatibilità di varie sue disposizioni con i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione”.
Non c’è solo questo aspetto, comunque. La Commissione esorta a “sviluppare capacità grazie alla condivisione delle risorse”. Si tratta di avere maggiore condivisione delle competenze sulla sicurezza, “in particolare” laddove i singoli Stati membri non dispongano di competenze specifiche o di risorse in settori come la sicurezza informatica e le sostanze chimiche, biologiche, radiologiche o nucleari. E poi bisogna essere pronti a tutto, ossia essere in grado di affrontare le minacce in continua evoluzione. Qui l’esecutivo comunitario “esamina continuamente le necessità di adeguamenti”, per esempio tramite un nuovo gruppo di esperti ad alto livello sulla radicalizzazione. “Uno dei principali settori di attività nei prossimi mesi” sarà la revisione della strategia dell’Unione per la cybersicurezza, premette e promette la Commissione Ue. Ciò al fine di fornire una risposta aggiornata ed efficace alla crescente minaccia della criminalità informatica.