Bruxelles – Le norme sul passaggio al digitale in Italia “vanno riviste”. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Ue con due sentenze che mettono in discussione le condizioni con cui sono assegnati i canali a Rai e Mediaset, condizioni che sono state ritenute più vantaggiose di quelle concesse ad altre società come la Persidera di Rete A.
Nell’assegnazione dei multiplex, i segnali grazie ai quali vengono trasmessi più canali, l’AgCom (il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) aveva deciso di abbandonare la norma in base al quale una frequenza analogica detenuta da un operatore già attivo nell’analogico doveva corrispondere una frequenza digitale rispetto a Rai, Mediaset e Telecom Italia Media (ora Persidera) e ha invece stabilito di ridurre di una unità le frequenze analogiche che detenevano tali società. La scelta era stata dettata da una censura da parte della Commissione europea che temeva violazioni della libera concorrenza. Dopo l’applicazione di questo criterio Rai e Mediaset, inizialmente titolari di tre frequenze analogiche, hanno avuto due frequenze digitali, mentre Persidera S.p.A. (operatore di rete costituito dall’unione di Telecom Italia Media Broadcasting, appartenente al Gruppo Telecomitalia, e Rete A, di proprietà del gruppo editoriale l’Espresso), inizialmente detentrice di due frequenze analogiche, ha ottenuto una sola frequenza digitale.
Secondo i giudici comunitari “non si è seguito un criterio proporzionale nella diminuzione numerica delle frequenze e, inoltre, il numero di partenza delle frequenze analogiche è stato determinato tenendo conto anche di quelle utilizzate dalla Rai e da Mediaset in violazione del diritto della concorrenza (in particolare, Rai 3 e Rete 4)”, si legge nella prima sentenza.
In una seconda sentenza la Corte afferma che il Ministero per lo Sviluppo economico e il legislatore italiano non erano competenti, ai sensi del diritto dell’Unione, a sospendere e ad annullare il beauty contest indetto dall’AgCom (la gara per l’assegnazione dei multiplex) ma “sia il Ministero sia il legislatore hanno influito sul corso del procedimento dall’esterno e sulla scorta di mere considerazioni di natura politica, così violando l’indipendenza di tale autorità di regolamentazione”, per questo, “la normativa italiana sull’attribuzione del dividendo digitale è contraria al diritto dell’Unione”.
La Corte quindi invita “il giudice nazionale a verificare se agli operatori preesistenti sia stato attributo un numero di radiofrequenze superiore a quello strettamente necessario alla continuità dei loro programmi”, affermando che se questo fosse il caso “il numero di radiofrequenze attribuite ai preesistenti operatori andrebbe diminuito e messo a disposizione dei nuovi operatori, quindi del dividendo digitale”.
Leggi le due sentenze:
– Europa Way e Persidera
– Persidera