La decisione presa ieri a Bruxelles dalla Commissione europea di inviare all’Italia di un “parere motivato” in cui si constata che non sono state prese le misure decise dall’Ue per eradicare il batterio “Xylella fastidiosa”, considerato responsabile del disseccamento degli ulivi in Puglia, o almeno per contenerne l’ulteriore diffusione, segnala un irrigidimento improvviso dell’esecutivo comunitario in questa vicenda che va avanti dall’ottobre del 2013.
Le misure a cui si riferisce il parere motivato, secondo stadio della procedura comunitaria d’infrazione che prelude a un eventuale ricorso della Commissione in Corte europea di Giustizia, riguardano l’obbligo, non rispettato, di espiantare “immediatamente” tutti gli ulivi e gli altri alberi o arbusti infetti che sono stati individuati nella “zona di contenimento”, e nella “fascia cuscinetto” in Puglia. E l’Esecutivo comunitario ha dato due mesi all’Italia per attuare gli espianti. Un vero e proprio ultimatum.
La zona di contenimento è una fascia che copre gli ultimi 20 chilometri a Nord Ovest della “zona contaminata” da Xylella (praticamente tutta la Penisola salentina), estendendosi dall’Adriatico allo Ionio nelle province di Brindisi e Taranto. La fascia cuscinetto corre parallela alla zona di contenimento, coprendo un territorio largo 10 chilometri oltre il suo confine.
Il dato paradossale è che, dopo anni di ritardi nell’attuazione, o di attuazione incompleta, delle decisioni Ue, la Commissione europea interviene con quest’ultimatum proprio quando l’esecuzione delle misure di eradicazione e contenimento – non solo gli espianti, ma anche il monitoraggio sistematico delle piante per individuare nuovi focolai – sta accelerando visibilmente, con una progressione che lo stesso esecutivo comunitario riconosce, considerando però che non è sufficientemente rapida.
Secondo quanto risulta a Bruxelles, il 22 maggio scorso, l’Italia aveva comunicato alla Commissione che nella zona di contenimento erano stati trovati 885 olivi infetti da Xylella, che era stata emessa l’ordinanza di espianto per 630 alberi, che 127 erano stati effettivamente espiantati e per 255 era in corso le procedure.
Il 9 giugno, gli alberi infetti notificati erano 886, quelli espiantati 292, quelli con le procedure in corso 685, mentre 12 olivi monumentali infetti erano stati “isolati” con le reti anti insetto, una misura di contenimento del contagio (le reti non fanno passare l’insetto vettore, la “Sputacchina”) adottata invece dell’abbattimento, di cui per la prima volta qui la Commissione prende nota, anche se non si esprime sulla sua efficacia come possibile alternativa. Così come non si esprime sulla questione del riconoscimento della necessità di tutelare degli alberi monumentali, come se la cosa non la riguardasse affatto.
Il 4 luglio, l’Italia notificava ancora che gli alberi infetti nella zona di contenimento erano rimasti 886, e che quelli espiantati erano aumentati a 355. Il 7 luglio, infine, l’esecutivo comunitario veniva informato dell’avvio di un nuovo meccanismo (una convenzione fra la Regione Puglia e la l’Agenzia Regionale per le Attività Irrigue e Forestali – Arif – che permetterà l’espianto d’ufficio degli alberi infetti entro 20 giorni dall’ordinanza, in caso di inottemperanza del proprietario.
Ma la Commissione, invece di prendere atto di questa progressione nell’attuazione delle decisioni Ue e felicitarsi con l’Italia, magari sollecitandola a fare ancora più in fretta, ha deciso improvvisamente questo giro di vite (fino a lunedì mattina non era previsto).
Non è una buona notizia per la Puglia, dove l’ossessione della Commissione per gli espianti (sulla cui necessità ed efficacia la comunità scientifica è divisa) rischia di desertificare un territorio conosciuto e apprezzato proprio per il suo paesaggio di ulivi monumentali, e per l’ecosistema e le attività agricole imperniate sugli sugli uliveti.