Bruxelles – Una società che vuole difendere la propria reputazione contro la pubblicazione di contenuti diffamatori su internet può agire in giudizio nello Stato membro in cui si trova il centro dei suoi interessi, anche se è diverso da quello da cui è partita la diffamazione. Sono le conclusioni a cui è giunto l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue Michal Bobek, chiamato a dare un avviso sul caso che riguarda la società estone Bolagsupplysningen OÜ, che ha sede a Tallin ma svolge la maggior parte delle proprie attività in Svezia.
La società ha avviato un procedimento giudiziario, in Estonia, contro l’associazione professionale svedese Svensk Handel AB, colpevole, secondo le accuse, di averla inserita in una lista nera sul suo sito internet per aver commesso “truffe e frodi”. L’inclusione in questo elenco ha scatenato un’ondata di più di mille commenti indignati sul sito internet dell’associazione svedese che, secondo l’accusa, hanno causato alla società estone danni commerciali per 56.634,99 euro. La Bolagsupplysningen OÜ si è quindi rivolta alla Corte suprema dell’Estonia per chiedere il risarcimento dei danni e la cancellazione dei commenti.
La regola generale, che disciplina la competenza internazionale ai sensi del diritto dell’Ue, prevede che l’azione venga avviata contro il soggetto chiamato in giudizio nello Stato in cui quest’ultimo è domiciliato, che in questo caso sarebbe la Svezia. Tuttavia, l’azione mossa dalla società estone invoca un’eccezione alla regola generale che consente di esercitare un’azione nello Stato membro in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire, ovvero lo Stato in cui si trova il centro degli interessi della società, che sarebbe l’Estonia. Eccezione che consente al soggetto danneggiato di avviare un’azione per i ricorsi subiti in tutti gli Stati membri, di fronte al giudice di un solo Stato membro.
L’eccezione a cui si è appellata la società estone in questione è applicabile nelle azioni proposte da persone fisiche e, in questo caso, al giudice viene chiesto di applicarla anche nel caso di una persona giuridica, come appunto una società. Il parere dell’Avvocato generale si è rivelato favorevole in questo senso. Secondo Bobek, non esistono motivi validi per applicare le norme in modo differente tra persone fisiche o giuridiche, visto che ciò si baserebbe sulla presunzione che una persona fisica sia la “parte più debole” nel procedimento. Presunzione che però internet avrebbe completamente ribaltato vista la “facilità con cui le persone fisiche possono pubblicare le informazioni online”.
Le conclusioni dell’avvocato generale non sono una sentenza, ma nella maggior parte dei casi vengono seguite dai giudici che devono esprimere il proprio parere sul caso in questione.