Bruxelles – L’Italia deve far pagare le multe ai produttori di latte che hanno immesso sul mercato più del consentito. Finora le autorità nazionali non hanno riscosso, e questo fa dell’Italia un Paese “inadempiente”. E’ il parere dell’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue, Eleanor Sharpston, sulla causa sollevata dalla Commissione europea contro il governo italiano. L’opionione del magistrato non è vincolante, e quindi la Corte non è tenuta a seguire l’interpretazione giurisprudenziale offerta, ma espone comunque l’Italia a un’eventuale condanna che rischia di costare caro. Se anche la Corte dovesse riconoscere l’Italia in violazione delle norme comunitarie, si esigerebbe il recupero delle multe non pagate (1,3 miliardi di euro), e se ancora le autorità nazionali dovessero permettere ai produttori di non pagare, all’obbligo di recupero delle multe si aggiungeranno anche le sanzioni europee per il Paese.
Il regime delle quote latte venne introdotto nel 1984 per stabilizzare il mercato. A tal proposito si limitò la produzione, fissando per ogni Stato membro quantitativi massimi oltre i quali i produttori che avessero munto più del dovuto avrebbero dovuto pagare penali per gli sforamenti dei tetti. Spetta agli Stati far pagare le multe, e l’Ue si può rivalere sui governi per le loro inadempienze.
Dal 1995 al 2009 in Italia si sono sempre sforate le quote, e per ciascuno di questi anni l’Italia avrebbe dovuto imporre multe. Ciò non è successo. La Commissione europea stima che su un totale di 2,3 miliardi di euro, 1,7 miliardi non siano ancora stati rimborsati. Parte di questo importo sembra considerato perso o rientra in un piano a tappe di 14 anni, ma per Bruxelles restano ancora da recuperare dai produttori 1,3 miliardi di euro. L’avvocato generale dà ragione all’esecutivo comunitario: bisogna esigere tali somme o saranno multe.
La Commissione ha riconosciuto ufficialmente l’inadempienza a giugn
o 2013, quando ha avviato la procedura d’infrazione per la violazione delle regole comunitarie. A luglio dell’anno successivo Bruxelles ha inviato la lettera di messa in mora, a febbraio 2015 è scattato il deferimento alla Corte di giustizia dell’Ue. Il processo è iniziato a settembre dell’anno scorso, ed è prossimo ad una conclusione. L’avvocato generale suggerisce ai giudici di condannare l’Italia.