Bruxelles – Pesano, pesano molto i toni di accusa rivolti dal vice presidente della Camera, Luigi Di Maio, che dal Parlamento europeo parla di “alto tradimento del governo nei confronti del popolo italiano”, riferendosi all’accordo firmato dall’Italia per l’operazione Triton, nel quale è previsto che tutti i migranti soccorsi in mare sbarchino nei porti italiani. Accordi “firmati a livello di burocrati”, denuncia Di Maio: intese che “furono celebrati come accordi del secolo, ma che nemmeno i ministri sono andati a firmare”.
“Ci chiedevamo come mai in un solo anno arrivassero 180mila migranti e in Spagna solo 8.000”, afferma Di Maio, chiarendo che la risposta a questo interrogativo gli è stata fornita stamattina direttamente da Frontex, durante l’incontro a Bruxelles con il direttore dell’agenzia, Fabrice Leggeri. “Noi abbiamo scoperto oggi da Frontex”, dice l’esponente pentastellato, “che l’Italia ha dato l’accordo per fare sbarcare tutti i migranti nei propri porti”.
Questo, accusa il vicepresidente, “è stato fatto in cambio di maggiore flessibilità da parte dell’Ue”. “Renzi ci ha venduti come nazione per 80 euro, ci hanno trasformato nel più grande porto europeo per qualche soldo, per vincere le elezioni europee”, rincara il parlamentare, invitando il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a riferire di fronte al Parlamento di questo “alto tradimento”. In caso contrario, intima, “siamo pronti a depositare una mozione di sfiducia”.
Di Maio non fa sconti a nessuno: i governi guidati dal Partito democratico “hanno avuto occasione di governare, non hanno risolto il problema e ci hanno restituito il bombardamento della Libia e Triton”. Toni di accusa anche nei confronti della Lega, nel momento in cui l’esponente grillino viene interrogato sulle somiglianze tra le due forze politiche, venute a galla nelle ultime settimane, in merito alla questione migratoria: “La Lega è presente da tanti anni al Parlamento europeo e ha approvato il regolamento di Dublino. Ciò che ora sta schiacciando l’Italia”. “Siamo quindi veramente in una morsa, in cui Italia si è cacciata a causa di una classe dirigente che non è neanche in grado di gestire un condominio, figuriamoci il Paese”, conclude l’esponente M5s.
E l’Unione Europea in tutto ciò dove si colloca? Secondo il vicepresidente della Camera è colpevole di ipocrisia. Ne sono esempi, a suo avviso, il presidente francese Emmanuel Macron, che “dice di essere europeista ma con le frontiere nostre”, e i silenzi degli Stati membri in risposta alla richiesta di aprire i propri porti alle navi di Triton.
“Frontex ci ha detto che ieri, gli altri Paesi europei hanno fatto scena muta”, riferisce Di Maio. “Siamo soli in Ue. Ci devono dire che ci hanno cacciato e utilizzeremo i soldi dei contributi comunitari per finanziare le operazioni di rimpatrio dei migranti economici e un’accoglienza dignitosa ai migranti che scappano da situazioni di conflitto”.
Il quadro della situazione peggiora quando l’esponente del M5s riferisce della risposta data da Frontex di fronte all’eventualità che l’Italia chiuda i propri porti. “L’Ue si limiterebbe a ridurre gli stanziamenti per l’operazione Triton”, indica Di Maio riportando le parole del direttore dell’agenzia per la guardia costiera e di frontiera Ue. “Il problema per l’Unione Europea – incalza il deputato – è solo di finanziamento. Non gli interessa della gente da salvare in mare e questa è follia”.
In termini di soluzioni, Di Maio insiste sul codice di condotta delle Ong su cui il Movimento 5 Stelle ha già una proposta che “va subito portata in Parlamento”. A chi “non rispetta le nostre leggi – avverte Di Maio – i porti verranno chiusi”. Per chiudere la rotta del mediterraneo, il vicepresidente chiede, inoltre, di realizzare “punti di primo approdo sul suolo africano”. Chi desidera andare in Europa potrà fare domanda da lì e, se ne ha i requisiti, “prendere un biglietto aereo per recarsi nel paese che ha scelto”. “Scommettiamo che in Italia nessuno ci vorrà venire?” dice provocatoriamente Di Maio.
I punti di primo approdo, sarebbero da realizzare nei Paesi africani stabili, non in Libia per esempio, ma piuttosto in Tunisia e Marocco: Paesi che fanno affari senza dazi nel mercato europeo. “Abbiamo aperto all’olio marocchino e alle arance tunisine, ma non stiamo ricevendo aiuti in termini di solidarietà”, ha osservato Di Maio, richiamando anche in questi termini il comportamento “ipocrita” dell’Unione Europea.
Per il resto, è necessario intervenire sui “pull factor” che inducono un numero sempre maggiore di imbarcazioni a lasciare le coste nord africane in direzione di quelle europee: “Se sai che ci sono imbarcazioni che ti aspettano al confine delle acque territoriali libiche, tu scafista viaggi con meno oneri, non metti il motore e i rifornimenti alle imbarcazioni”, sosteiene Di Maio. Per questo, se l’obiettivo è frenare ciò che sta accadendo, a suo avviso è necessario considerare di “arretrare le imbarcazioni (per il salvataggio in mare, ndr) perché diventi più difficile compiere il viaggio. In questo modo, riducendo le partenze”. Il rischio è che aumentino le vittime in mare, ma questo sembra sfuggire a molti, di questi tempi.