Bruxelles – Cresce l’ottimismo e la fiducia e, pur restando presente, cala l’incertezza percepita dai direttori finanziari (Cfo) italiani che esprimono la chiara volontà di tornare ad “attaccare il mercato”. Segnali positivi che risultano dal Cfo survey 2017: un’indagine condotta da Deloitte in Italia e nei principali paesi dell’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) tra i direttori finanziari, con l’obiettivo di esplorare le maggiori sfide e opportunità per le aziende nello scenario internazionale attuale. Una ricerca presentata oggi al Parlamento europeo al primo “Italian Economic Policy Forum” organizzato in collaborazione da Deloitte, Confindustria e Gruppo di iniziativa italiana con il patrocinio dell’Ambasciata italiana a Bruxelles e del Parlamento Europeo e moderato dal direttore di Eunews Lorenzo Robustelli. Un’occasione che “ci invita a domandarci quale modello di sviluppo proporre in Europa e quali pilastri stabilire tra mondo politico ed economico”, ha affermato l’eurodeputato Massimiliano Salini, ospite dell’evento.
I risultati della ricerca parlano chiaro e sono piuttosto incoraggianti, come ha sottolineato Enrico Ciai, Ceo di Deloitte Central Mediterranean. Migliora il sentiment dei direttori finanziari italiani, ed europei, sulle prospettive economiche e finanziarie delle proprie società: maggiore ottimismo e maggiore fiducia rispetto al clima di sei mesi fa. Sentimenti che secondo Marcella Pannucci, direttore generale di Confindustria, risultano “diffusi e condivisi anche da parte delle nostre imprese. L’immagine data dai Cfo a Deloitte coincide, come spesso accade, con quella che si rileva dai dati e dalle nostre stesse stime, come anche da quelli rilasciati di recente dal Fondo Monetario Internazionale e dall’Istat”. Una fotografia di una ripresa economica che secondo il presidente della commissione del Parlamento europeo per i problemi economici e monetari, Roberto Gualtieri, “è superiore alle aspettative” e rappresenta il “frutto di politiche giuste adottate da parte della Banca centrale europea, così come dall’uso intelligente della politica di Bilancio dell’Ue messo in atto anche grazie al contributo dell’Italia”.
L’ambasciatrice italiana in Belgio Elena Basile ammonisce però che “nonostante siano state fatte importanti riforme, come quella del mercato del lavoro, e l’accelerazione di alcune procedure o ancora i recenti interventi nel settore della Pubblica amministrazione e del credito, l’Italia rimane il fanalino di coda, e i problemi maggiori sono, come rilevano anche i manager intervistati, la burocrazia, l’attesa riforma della Giustizia, il malcostume. C’è poi – ha ancora rilevato – la questione delle imprese, che restano in generale ancora troppo ‘piccole’, e dovrebbero invece fare il salto dimensionale necessario nell’economia moderna”.
A migliorare, inoltre, è la percezione di “incertezza”, anche se su uno scenario che rimane del tutto complesso continuano a pesare gli impatti ancora non definiti della Brexit, oltre che la stagnazione dell’export in Germania e le politiche del governo greco a sostegno della domanda interna che non sono affatto chiare. Fattori che, determinano percentuali in calo ma che rimangono piuttosto elevate in Regno Unito, Germania e Grecia, rispetto alla media dei paesi Emea che è al 55% e all’Italia che invece riflette un 24% di Cfo che percepiscono un alto livello di incertezza.
Stabile rispetto al 2016 rimane la propensione al rischio e all’adozione di strategie aggressive di crescita ed espansione da parte dei direttori finanziari italiani il prossimo anno. Tendenza alla quale si allineano i dati relativi anche agli altri paesi dell’area Emea presi in considerazione dallo studio che lo scorso anno risultavano invece più prudenti, come ha rilevato Gianmario Crescentino, Chief Risk Officer di Deloitte Global.
Certo: “L’idea generale è che non è un buon momento per investire – chiarisce Riccardo Raffo, socio Deloitte e program leader della ricerca – ma la maggior parte dei Cfo ritiene comunque necessario prendere dei rischi e fare investimenti” ed è evidente dunque che “le priorità strategiche si siano spostate da una strategia difensiva ad una più offensiva”.
Tuttavia, i segnali positivi non bastano: “Rimane forte la richiesta di maggior sostegno da parte dei governi e di maggior stabilità a livello di regolamentazione”, ha affermato Raffo. E a livello nazionale, di fatto, ciò che più preoccupa è l’introduzione di nuovi oneri regolamentari e la contrazione della domanda interna, mentre rimane alta l’attesa verso misure per la riduzione delle imposte sul lavoro, del debito pubblico e del cuneo fiscale.
Le maggiori criticità rilevate a livello europeo invece, sottolinea Raffo, sono rappresentate dagli interessi degli stati membri che risultano “troppo divergenti”, così come “dall’assenza di un’unione politica forte e dall’inappropriata gestione dei flussi migratori”. Quale dunque, secondo il parere dei direttori finanziari, la strada migliore da percorrere in futuro in Europa? Quella più auspicabile per gli Italiani è l’aumento dell’integrazione sia a livello politico che economico. D’altronde, sottolinea Roberto Viola, direttore generale della Dg connect della Commissione europea “i determinati della crescita oggi sono quelli dell’innovazione e un paese come l’Italia che investe meno del 2% del PIL in ricerca e innovazione c’è bisogno di un cambiamento”. Le stime indicano che con maggiori investimenti in questo settore la crescita potrebbe beneficiare di addirittura 2/3 punti: “Io credo a questa teoria sul medio periodo – ha affermato Viola – ma l’Italia, come gli altri paesi europei non può fare questo percorso da sola. Per questo è necessario lavorare in Europa”.
La strada a favore di maggiore integrazione trova sostegno da parte dei paesi collocati a Sud del continente, mentre non ha riscontrato successo a Nord dove a prevalere, invece, è l’opzione di un’integrazione differenziata, ovvero la costruzione di un’Europa a più velocità: “Un’opportunità”, secondo Gualtieri, “nel momento in cui la corsia preferenziale dell’integrazione non può essere utilizzata da tutti”.
Diffuso, invece, è il timore di altre “exit” con il 45% dei direttori italiani che ritiene probabile che nei prossimi 5 anni altri Stati membri seguiranno l’esempio del Regno Unito e il 23% che pensa che a lasciare l’Ue sarà proprio l’Italia.
L’atmosfera sui mercati e per le aziende, dunque, secondo la ricerca di Deloitte, si conferma migliore rispetto ad alcuni mesi fa e a livello europeo la ripresa è la “più sincronizzata” che si verifica da parecchi anni, “con i paesi finora rimasti più indietro che si stanno riallineando”, oltre ai dati positivi in termini di disoccupazione che fanno toccare all’Ue la “percentuale più bassa degli ultimi dieci anni”, ha osservato Marco Buti, direttore generale della Dg Ecfin della commissione europea. Ciò che sembra largamente condiviso, nonostante le reazioni positive, tuttavia, è il bisogno di mantenere un atteggiamento prudente e attento, insomma: non è il momento di adagiarsi sugli allori. Sebbene al G20 di Amburgo l’Europa sia passata dall’essere vista “l’epicentro della crisi”, ad “ancora della stabilità”, ha affermato Buti, “è necessario ricordare che gli errori peggiori si fanno in tempi buoni”.
Qui sotto il video dell’evento.