Bruxelles – Il difetto di un determinato vaccino e il nesso di causalità tra questo difetto e l’insorgenza di una malattia possono essere provati anche “in mancanza di consenso scientifico”, con un complesso di “indizi gravi, precisi e concordanti”. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia europea nella sentenza (qui in versione integrale) che vede contrapposti un cittadino francese, ammalatosi di sclerosi multipla dopo un vaccino contro l’epatite B, e la società farmaceutica Sanofi Pasteur, produttrice del vaccino in questione.
Chiamata in causa dalla magistratura francese, la Corte di Lussemburgo, che si riferisce a un vaccino ritenuto difettoso e non certo ai vaccini in generale, afferma che “la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza di una malattia, l’assenza di precedenti medici personali e familiari della persona vaccinata e l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni possono eventualmente costituire indizi sufficienti a formare una simile prova”. Inoltre, la Corte europea specifica che il giudice, “in mancanza di prove certe e inconfutabili”, può concludere che sussista “un nesso di causalità tra un vaccino e una malattia”, qualora “il complesso di indizi gravi, precisi e concordanti gli consenta di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponda alla realtà”. Escludere qualunque modalità di prova diversa dalla prova certa tratta dalla ricerca medica, continuano i giudici, “avrebbe l’effetto di rendere eccessivamente difficile o, quando la ricerca medica non permette di stabilire né di escludere l’esistenza di un nesso di causalità, addirittura impossibile far valere la responsabilità del produttore, il che comprometterebbe l’effetto utile” della direttiva europea che tutela la sicurezza e la salute dei consumatori.
La Corte precisa tuttavia che “i giudici nazionali devono assicurarsi che gli indizi prodotti siano effettivamente sufficientemente gravi, precisi e concordanti da consentire di concludere che l’esistenza di un difetto del prodotto appare, tenuto altresì conto degli elementi e degli argomenti presentati a propria difesa dal produttore, la spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno”.
La sentenza riguarda la vicenda di un cittadino francese, W., a cui tra il ’98 e il ‘99 viene somministrato un vaccino contro l’epatite B prodotto dalla Sanofi Pasteur. Nell’agosto 1999, W. comincia a manifestare vari disturbi che, nel novembre 2000, conducono prima alla diagnosi di sclerosi multipla e, nel 2011, al decesso. Fin dal 2006 W. e la sua famiglia hanno promosso un’azione giudiziaria contro la Sanofi Pasteur per ottenere il risarcimento del danno che il paziente affermava di aver subito a causa del vaccino. Il verdetto odierno della Corte, interpellata in questo caso sull’interpretazione del diritto dell’Unione dalla Corte di cassazione Francese, non risolve comunque la controversia. Spetterà alla giustizia francese dirimere la causa conformemente alla decisione della Corte.