Io di francese non ne capisco una mazza, l’unica cosa che ho capito è che loro quando scrivono, non distinguono l’infinito dal participio passato.
A me questa cosa mi lascia basito, perché è innegabile che io sia un asino, che quando la gente faceva le scuole, io facevo le scale pentatoniche, però insomma, non parlo mica come Tarzan.
Quello che voglio dire, noi italiani nelle lingue straniere siamo un po’ degli asini, non è per generalizzare, ma io non è che mi senta poi così diverso dalla media dei miei connazionali, purtroppo per loro, e se parliamo della media nazionale, direi che il livello di apprendimento delle lingue straniere, a meno che uno non faccia le scuole anziché fare le scale pentatoniche, direi che il livello medio di una persona media, è livello medio-asino.
Ma bene o male un italiano medio, se escludiamo quelli che vanno sotto palazzo Grazioli a salutare Silvio, che quelli io non lo so dove li pescano, ma gli altri, quelli normali, mica parlano con l’infinito al posto del participio passato.
– Vuoi un panino?
– No grazie, ho già magiare.
– Allora sbrigati, dai, che dobbiamo andato a fare la spesa.
Insomma voglio dire, va bene che siamo asini, ma è così profondamente diversa una cosa dall’altra che sbagliarla, uno deve fare dei corsi per imparare a sbagliare.
Dice Eh ma in francese si pronuncia uguale, allora loro non ci pensano che si scrive diverso.
Ma chi sono? Sono quelli dell’altro corso, quello che finiva a luglio, quello di arrampicata sugli specchi?
Ci sono delle palestre apposta piene di specchi, ci sono diverse pendenze, poi alcuni specchi hanno degli appigli, altri specchi non hanno nessun appiglio, si sta tutti lì e a turno ci si deve arrampicare fino in cima?
Voglio dire, sono francofoni, sono mica stupidi.
Non lo so, forse adesso chi ha fatto le scuole anziché le scale pentatoniche, mi dirà che non capisco niente, che la lingua influenza pesantemente il pensiero, e che abituarsi a pronunciare allo stesso modo due parole col significato diverso bla, bla bla, bla.
Sì, va bene, grazie, ho capito.
Ma uno è un infinito, l’altro, voglia scusarmi l’editore, è uno stracazzo di maledettissimo participio passato.
E gli altri invece, gli anglofoni, se c’era qualche anglofono qui che se la rideva sotto i baffi, inutile che faccia tanto il furbo, gli anglofoni non sono da meno.
Che ITS e IT’S sono due cose diverse, anche se le pronunciate uguale.
It’s red, è rosso.
The dog and its tail, il cane e la sua coda. E questa l’ho presa da internet, non ditemi che è sbagliata.
Io sarò anche un asino, ma la prima è la terza persona singolare del verbo essere, la seconda è un aggettivo possessivo.
Adesso poi arriva quello che ha fatto le scuole anziché le scale pentatoniche e mi dice che non capisco niente e che per loro si pronuncia uguale e che le lingue influenzano il pensiero.
Sì. Va bene. Grazie.
Ma vale la stessa regola che per i francofoni, parlano un’altra lingua, mica sono stupidi.
L’esempio più ovvio che mi viene in mente di una cosa cosa che noi pronunciamo più o meno uguale e scriviamo diversa, è la “è” del verbo essere dalla “e” congiunzione, e sì, c’è tanta gente che lo sbaglia, ma secondo me a parità di scuole fatte ed estrazione sociale, non so i francesi, ma i belgi, ne sbagliano di più.
La cosa bella, volevo parlare di tutta un’altra cosa, volevo parlare del rapporto della mia fidanzata col film 2001 Odissea nello spazio, sono a 3378 caratteri, mi sa che sono andato fuori tema.
E sì che me lo diceva sempre, la mia professoressa di italiano del liceo: inventio, dispositio, elocutio, che sennò ti incasini.
Eccolo lì.
Ru Catania