Roma – Sarà difficile, ma non impossibile. E lo scenario Brexit offerto dai partecipanti alla conferenza “Brexit nel negoziato: impatti su commercio, dogane e logistica tra Ue e Regno Unito” organizzata da Eunews a Roma. Passato lo smarrimento iniziale per la decisione dei britannici di uscire dall’Unione europea, è maturata in tutti la consapevolezza della posta in gioco e dell’interesse a tutelarla. Nuove relazioni si troveranno. Non sarà facile, ma si troveranno. E’ questo il punto su cui tutti sono d’accordo, a cominciare dall’ambasciatrice britannica in Italia, Jill Morris. “Una relazione forte con l’Ue è nell’interesse del Regno Unito” e viceversa. Se poi si guardano i dati relativi al solo commercio tra Italia e Regno Unito, gli scambi generano 25 miliardi di sterline (circa 28,4 miliardi di Euro). L’Italia è il nono mercato per l’export britannico, mentre il Regno Unito è la settima destinazione dell’export italiano. Numeri usati dall’ambasciatrice per sottolineare l’importanza del commercio. Per il futuro si cerca un accordo commerciale, diverso e di più ampio respiro di tutti gli altri esistenti. Non sarà facile, poiché andrà costruito al tavolo. “Sappiamo che le discussioni saranno difficili e a volte assumeranno toni accesi, ma con la cooperazione potremo trovare un accordo di relazione futura”.
Che alla fine si troverà una quadra ne sono convinti anche al ministero per lo Sviluppo economico. Con la Brexit “la situazione sarà più difficile ma gestibile”, rassicura Mattia Adani, capo della segreteria tecnica del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Anche Adani snocciola numeri. Da una prospettiva squisitamente nazionale, il vantaggio di trovare un’intesa post-Brexit si spiega proprio nelle cifre: la Penisola ha una bilancia commerciale in positivo da tutelare. In termini di merci si esporta più di quanto si importa, e in termini di investimenti sono più quelli britannici in Italia (36 miliardi) che quelli italiani in Regno Unito (22 miliardi). Ancora, ricorda Adani,“abbiamo 1.600-1.700 imprese britanniche a controllo italiano con 60mila persone, mentre in Italia ci sono circa 1.000 imprese italiane a controllo britannico, che impiegano 50mila persone”. L’Italia ci guadagna di più, ma anche il Regno Unito ha interessi nel trovare accordi commerciali futuri. “Un accordo si troverà”, assicura il funzionario del ministero dello Sviluppo economico.
L’accordo però è irrinunciabile. Lo dice chiaramente Giovanni Kessler, direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta anti-frode (Olaf). “Un ‘no deal’ sarebbe un disastro, una situazione dalle conseguenze inimmaginabili”. Dati i numeri e gli interessi, per Kessler “andiamo verso un accordo ancora tutto da scrivere”, che non implica però che sia alla portata. “Se esci da un club non puoi avere tutti i benefici” dei membri del club. Per questo servirà tempo, lavoro e immaginazione. La premier britannica Theresa May “ha usato quattro aggettivi: nuovo, completo, ambizioso e coraggioso. Io aggiungerei immaginifico”. Serviranno inventiva e flessibilità, ma senza tralasciare il dialogo con tutte le parti interessate, soprattutto quelle che fanno business. “E’ importante che nei prossimi due anni la voce delle imprese sia ascoltata”, sottolinea Daniel Shillito, presidente della Camera di commercio britannica per l’Italia. Un appello rivolto ai governi, chiamati a negoziare prima e ratificare poi.
La politica potrebbe essere un freno, soprattutto dopo le elezioni britanniche che hanno messo la premier May in una posizione di maggior debolezza. “Il governo sarà di coalizione e magari anche di minoranza, e quindi politicamente la situazione è diversa”, ricorda Andrea Goldstein, managing director di Nomisma. Auspica fermezza politica anche Marco Piantini, consigliere agli Affari europei della presidenza del Consiglio dei ministri. “Dobbiamo mantenere l’ambizione di restare insieme”. Vuol dire uniti a 27 ma non solo, dato che “questo processo di Brexit coinvolgerà tante amministrazioni”. Anche l’esperto a cui si affida il governo riconosce che “non sarà facile”, ma si troverà una quadra per rispondere alla necessità di “dare chiarezza ai cittadini, alle imprese, e a chi opera questo spazio comune”. Piantini si dice “convinto che quando arriveremo a un accordo sulle future relazioni avremo un accordo di maggiore portare rispetto a quelli esistenti”. Però “ho molta meno certezza sul modello con cui questo sarò conseguito”.