Bruxelles – Nella sentenza di ieri con la quale ha annullato le nomi dei direttori stranieri nei musei statali “il TAR ha dato un’interpretazione molto formalistica di quella norma del testo unico del 2001”. Lo sostiene Giulio Vesperini, docente di diritto amministrativo all’Università della Tuscia (Viterbo), riferendosi all’articolo 38 del Decreto Legislativo del 30 marzo 2001, che disciplina l’accesso dei cittadini degli Stati membri dell’Ue agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni di altri Stati, stabilendo che questi possono accedere a posti di lavoro “che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”.
Una norma piuttosto vaga, che riprende i criteri stabiliti dal Trattato sul funzionamento dell’Ue (Tfue) (art. 45, comma 4), e che dunque richiede valutazioni caso per caso, in funzione della natura dei compiti e delle responsabilità implicate nel posto di lavoro in questione. E visto che non esistono normative europee che aprano la strada alle autorità giudiziarie in questo senso, un compito di guida spetta all’interpretazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Ue.
In un intervento al giornale radio di Radio 1 Rai, Vesperini ha precisato che il Tar del Lazio “non ha tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Ue, che invece tende a interpretare nel modo più ampio possibile il principio della libera circolazione e quindi la possibilità, almeno per i cittadini europei di esercitare funzioni pubbliche negli altri Stati membri”. Da ciò, sembrerebbe che le limitazioni al principio di libera circolazione dei lavoratori nell’Ue per quanto riguarda gli impieghi nella pubblica amministrazione, secondo il giurista siano state interpretate in modo troppo ampio dal Tar del Lazio, rispetto alla tradizione più garantista della Corte Ue.
Durante il corso degli anni la Corte ha stabilito, ad esempio, che gli impieghi nelle poste o nelle ferrovie, gli impieghi di idraulico, di giardiniere o di elettricista, di professore, di infermiere e di ricercatore civile non possono essere limitati ai cittadini nazionali. La casistica è ampia, ma ha soltanto una natura esemplificativa, in quanto fornisce esclusivamente delle linee guida da seguire nelle verifiche da effettuare caso per caso. Nessun riferimento specifico alla qualifica di “direttore di museo” che ha interessato nella giornata di ieri 5 soggetti, di cui due stranieri, che hanno visto annullata la loro nomina. Tuttavia, l’approccio ampio della Corte è sostenuto anche da altre istituzioni. La deroga al principio di libera circolazione prevista al comma 4 dell’articolo 45 del Tfue “permette, ma non richiede, agli Stati membri di riservare ai propri cittadini nazionali alcuni posti di lavoro” si legge in una comunicazione della Commissione europea che invita gli Stati membri ad “ad aprire il più possibile le pubbliche amministrazioni (a tutti i livelli, comprese le amministrazioni locali, regionali e centrali) ai cittadini di altri Stati membri”.