Roma – “Se ci sono ipotesi di reato a carico di persone o, perché no, anche di intere organizzazioni, si proceda alle indagini senza alcun riguardo per nessuno. È nostro interesse togliere la mela marcia dal cesto delle mele sane”, dice a Eunews Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, il ramo nazionale della confederazione internazionale delle Ong. “Quello che non possiamo accettare”, precisa, è l’attacco mediatico “avvenuto in questi giorni sulla base di ipotesi, di sospetti, di convinzioni” e non di prove, perché così si rischia di “pregiudicare un’azione umanitaria di chi sta salvando vite in mare nel Mediterraneo”.
Le organizzazioni sono preoccupate per il danno alla loro “reputazione, perché è tutto quello che abbiamo”, ma “dei danni che rischiamo di avere ci preoccupa di più il pericolo che, limitando alcune azioni delle navi delle Ong, avremo più morti in mare rispetto al numero già altissimo registrato lo scorso anno, più di 4.700 e nei primi quattro mesi di quest’anno, più di 1.000”, indica l’attivista aggiungendo che “come cittadini rispettosi della legge, rispettiamo i magistrati che parlano con gli atti, perché di solito i magistrati parlano con gli atti e non ai talk show”.
Il procuratore di Catania , Carmelo Zuccaro, ha in effetti parlato di “ipotesi di lavoro”, ma il suo collega di Trapani, Ambrogio Cartosio, sta indagando. È possibile che tra i numerosi volontari delle Ong ce ne sia qualcuno che ha contatti con i trafficanti?
Certo come è possibile che esistano giornalisti che non fanno bene il proprio lavoro e come è possibile, ed è successo, che magistrati facevano male il loro lavoro o si siano corrotti e facessero reati, questo è sempre possibile in ogni attività umana. Ma coinvolgere le Ong e il loro lavoro è diverso da verificare se dei singoli hanno commesso qualcosa di scorretto, di illecito o addirittura un vero e proprio reato. È impossibile escludere questo. Quello che noi sappiamo è che le organizzazioni hanno risposto.
Lo stesso Cartosio riconosce la massima collaborazione alle organizzazioni umanitarie.
La procura di Trapani sembra muoversi più sulla base degli atti che non dalle convinzioni. Ci sembrava banale chiedere che, in uno Stato di diritto, la magistratura parli con gli atti, ma qui siamo stati ad uno stadio completamente diverso, che ha prodotto una strumentalizzazione molto cinica e spregiudicata da parte di alcuni movimenti politici.
Il suo riferimento a M5s e Lega Nord è evidente. Che effetto hanno questi attacchi?
Si colpiscono associazioni e organizzazioni non profit che a stragrande maggioranza hanno bilanci certificati da agenzie terze, che hanno da perdere la reputazione, rischiano di perdere la credibilità oltre che i donatori e fondi privati che raccolgono.
Le donazioni sono in calo?
Ovviamente questi effetti hanno bisogno di un po’ di tempo per essere verificati, ma la mia impressione, anche se mi auguro di sbagliare, è che è molto probabile ci siano cali di donazioni dirette e di 5 per mille devoluti alle organizzazioni.
Anche quello dei finanziamenti è un terreno su cui Zuccaro ha adombrato sospetti, mentre Cartosio ha escluso di avere notizie di illeciti.
Una buona parte delle Ong utilizza i progetti di cofinanziamento con i ministeri italiani, con la Commissione europea, con agenzie delle Nazioni unite. Ad esempio, per quanto riguarda la Commissione europea, gli audit di tipo economico, amministrativo, ma anche sull’efficacia del lavoro fatto con i progetti cofinanziati, sono assolutamente rigorosi e impegnativi. Stiamo parlando di organizzazioni abituate a dar conto di tutto. Non solo per mostrare di avere i conti in ordine, ma anche per far vedere a chi le sostiene quello che fanno e con quale efficacia. Colpisce molto e appare paradossale che questi soggetti, i quali fanno della trasparenza e del controllo proprie caratteristiche, rischino di essere colpiti per delle illazioni, ipotesi e opinioni personali, sia da parte alcuni media che si sono fatti strumentalizzare da precise parti politiche, interessate a qualche voto in più, o addirittura dalla condotta non prudente di alcuni magistrati. Ci fa piacere invece che la procura di Trapani abbia un approccio e un taglio di questo tipo, che mi sembra completamente diverso. Poi sono mesi che si fanno audizioni su audizioni, e mi pare che abbiano un peso anche le parole di Credendino, il capo della missione dell’Ue nel Mediterraneo, o quelle del capo della Squadra navale Marzano, che hanno espresso apprezzamenti nei nostri confronti.
Tra le critiche alle operazioni delle Ong, c’è proprio l’avanzamento del raggio d’azione fino al limite delle acque territoriali, che garantirebbe l’impunità ai trafficanti. Cosa risponde?
Intanto, diciamo che l’interesse dei trafficanti dura finché incassano i 3 o 4 mila dollari del viaggio, ma poi se il migrante muore dopo cento metri, due miglia o venti miglia interessa zero. La domanda è: a un miglio marino, a due miglia marine o a 12,5 miglia – che è il limite delle acque territoriali – queste persone le dobbiamo lasciare morire o no? La domanda è secca, non ce n’è un’altra. Se poi qualcuno pensa – anche se non lo dice – che molte morti in più costituiscano un fattore dissuasivo, sbaglia comunque, perché i migranti non si fermerebbero di fronte a questo. Se non ci fossero sotto Malta le navi delle Ong, quanti sarebbero i morti in più? E chi si prenderebbe questa responsabilità?
Zuccaro ha chiesto di mettere ufficiali di Polizia giudiziaria a bordo delle navi delle Ong. Rappresenterebbe un problema o può essere utile a identificare e catturare i trafficanti?
I principi umanitari – che sono internazionalmente stabiliti e sono i codici di condotta di tutte le organizzazioni che operano nell’ambito dell’emergenza e dell’aiuto umanitario, a partire dalla Croce rossa – sono quelli di totale indipendenza, neutralità e imparzialità. Un’azione umanitaria controllata da un finanziere a bordo, che poi magari ti ferma nel momento in cui c’è un barcone di persone che rischiano di affogare sul bordo dell’area navale libica, o ti impedisce di scendere più di tot miglia marine a Sud di Malta, mi sembra inutile oltre che grave rispetto al modo in cui le Ong già operano in tanti teatri, inclusi quelli di guerra. È come se una Ong in Afghanistan si facesse scortare dall’esercito della coalizione alleata o da quello dei talebani dall’altra parte. Essere individuato come una parte limita la tua azione. Francamente, mi pare che su questo tema ci sia anche un problema di scarsa conoscenza della realtà.
L’Ue è presente nel Mediterraneo con l’operazione Sophia e il pattugliamento di Frontex. Cosa a suo avviso l’Ue potrebbe o dovrebbe fare in più?
Guardiamo alle cifre: le Ong con le loro navi effettuano il 30% dei salvataggi, EunavFor Med l’11,5%, Frontex il 4%. Questo ci dice che le Ong svolgono un’azione di supplenza, anche perché queste missioni dell’Ue non hanno il compito del salvataggio in mare. Non esiste una missione con quel mandato, come era Mare Nostrum. Il problema poi è di fondo, è strutturale, non si apre e si chiude nel giro di pochi mesi. Se guardiamo al numero di morti accertati, sono 30mila dal 2001. È un’emergenza permanente, una strage, un’ecatombe. Qui c’è un deficit di strategia, di politica. Ovviamente la questione va governata. Il salvataggio è solo l’anello di una catena, e la catena è la condizione di una parte dell’Africa. L’Ue manca di una strategia: ha avuto successo nell’integrare con il processo di allargamento una parte di Europa occidentale, ma ha dimenticato di creare una politica e una strategia per la parte Sud del Continente. Ora ne paga le conseguenze, perché questa è una delle grandi questioni sulle quali si rischia di mettere in discussione l’utilità dell’Europa per i cittadini.