Bruxelles – Tutti a fare quadrato in difesa della Francia dall’attacco di Marine Le Pen, e allora la leader del Front National in corsa per la carica di presidente cambia strategia. Usa toni più ragionevoli, diversi dal solito. Toni non suoi, nel vero senso dell’espressione. Per rivolgersi ai francesi prima del voto di domenica sceglie parole che le costano immediatamente l’accusa di plagio. Ai più attenti non è sfuggito che diversi passaggi del discorso pronunciati dalla leader del Fn a Villepinte ricalcano per filo e per segno parti di un discorso tenuto il 15 aprile da François Fillon, il candidato dei Républicains sconfitto al primo turno. C’è la questione delle relazioni franco-tedesche, che Le Pen sostiene di voler riportare al massimo splendore. “C’è la frontiera del Reno, la più aperta, anche la più promettente, con un mondo germanico con cui continueremo a cooperare in tanti modi, finché recupereremo il rapporto di alleati”. Parole per l’appunto pronunciate a metà aprile dall’esponente della droite francese.
Le Pen sa che può farcela. Molti non la vedono come leader credibile né, questo l’auspicio, possibile. Allora la protagonista di queste elezioni presidenziali cerca di accreditarsi come statista agli occhi della Nazione. Cita George Clemenceau, il primo ministro francese tra gli artefici del trattato di Versailles, quello che inflisse condizioni durissime alla Germania al termine della prima guerra mondiale. Un doppio boomerang. Intanto perché contrasta con la promessa di buone relazione col vicino tedesco, e poi perché anche in questo caso ricalca un passaggio del discorso giù pronunciato da Fillon. “Prima soldato di Dio, ora soldato della libertà, la Francia sarà sempre soldato dell’ideale”. Quale, però, non è dato saperlo. Quello francese, certamente. Ma la Francia, sostiene ancora Le Pen, è più di questo, “è una serie di valori e principi tramandati di generazione in generazione, come parola d’ordine, è una voce, una voce straordinaria e sola che parla a tutti i popoli dell’universo”. La leader del Fn sembra promettere dunque continuità, sempre citando Fillon. Un modo per far vedere che la destra e l’estrema destra non sono poi così diverse.
Anche l’euro non è più da abbattere. Facendo una acrobaticissima marcia indietro a pochi giorni dal ballottaggi, Le Pen prende le distanze da se stessa e da anni di battaglia politica condotta nel segno della “morte all’euro”. Per aumentare un po’ i suoi voti, la leader del Front ha stipulato un accordo elettorale con il suo ex antagonista battuto al primo turno Nicolas Dupont-Aignan, nel quale ha sottoscritto il seguente concetto: “Il nostro impegno è per un patriottismo pragmatico che privilegi le decisioni di buon senso. La transizione dalla moneta unica alla moneta comune europea non è quindi pregiudiziale alle decisioni di politica economica”. Il contrario di quanto aveva sempre sostenuto, e che cioè per poter fare una qualsiasi politica economica a favore della Francia la prima mossa doveva essere l’abbandono della moneta unica europea. “ Il calendario politico – continua la dichiarazione – sarà adattato alle priorità e alle sfide immediate che il Governo francese dovrà affrontare. Tutto sarà comunque fatto per organizzare serenamente la transizione monetaria e la messa in opera concertata da parte di ogni Paese del diritto a gestire la propria valuta e la propria banca centrale”. Un rinvio sine die, ma soprattutto una svolta totale nella politica economica.
La “nipote Le Pen”, Marion Maréchal ha poi provato a fissare una scaletta: “Per l’euro, aspetteremo le elezioni europee del 2019, nella speranza di avere nuovi alleati, in particolare dall’Italia.Poi avvieremo il negoziato, che durerà molti mesi. E poi ci sarà il referendum. Ci vorranno insomma anni prima che venga presa una decisione”. Anni nei quali l’eventuale presidenza Le Pen potrebbe già essere passata.