Bruxelles – Valentino Parlato è morto. E’ stato uno dei giornalisti italiani più fecondi, uno dei migliori analisti, dalla sua ottica comunista mai slegata da un disincantata analisi della realtà, della politica italiana e internazionale. Nel 1969 fu tra i fondatori del manifesto, prima mensile e poi dal 1971 giornale quotidiano, di cui è stato più volte direttore e anche presidente della cooperativa editrice. Era nato a Tripoli, in Libia, il 7 febbraio 1931.
Comunista per tutta la vita, fu radiato dal Pci insieme a Rossana Rossanda e Luigi Pintor nel 1969 con i quali iniziò il lavoro de il manifesto, al quale ha dedicato le sue energie e la sua capacità di trovare fondi dai finanziatori più inaspettati.
Tanti giornalisti sono passati in quella redazione, anche chi scrive ha iniziato lì, da vero ragazzino, con la fortuna di imparare, tra le tante cose, proprio da lui come si leggono i giornali la mattina. Parlato era uomo di immensa cultura politica, economica ed umanistica. Da giovane curò anche per Boringhieri una fortunata traduzione de “La ricchezza delle nazioni / Abbozzo”, di Adam Smith.
Dopo tanti anni di lavoro e di impegno politico Parlato ha chiuso la sua vita, ancora una volta, senza farsi illusioni, guardando in faccia la realtà “non si può non essere pessimisti”, disse al giornalista al termine della sua ultima intervista a la Repubblica, qualche mese fa.
Il 30 settembre del 2009 venne anche a Bruxelles, per un affollatissimo incontro alla Piola Libri. Resta una traccia, sul sito della Piola, di quella serata intensa, i consigli di lettura che Parlato lasciò a wuz.it qualche anno prima e ricordò quella sera. Vale la pena di leggerli, per capire chi era Valentino Parlato.