Roma – Comunque vada l’Europa va cambiata. Può sembrare scontato, ma non lo è. Perché quello che di comune c’è non è ancora veramente “europeo”, né veramente compiuto. Per cui ovunque si vada, bisognerà rimettere mano anche a quanto già fatto. A partire dal mercato unico, base del progetto d’integrazione. E’ su questo che si gioca una buona parte del futuro dell’Unione europea, come messo in risalto nel corso del convegno “60 anni di pace e stabilità: qual è l’impatto dell’integrazione europea sulla crescita delle aziende?”, organizzato da Eunews a Roma in occasione delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati. Ridurre l’Ue a semplice Mercato unico è uno degli scenari che la Commissione europea ha immaginato nel libro bianco per il futuro dell’Ue, pur se Jean-Claude juncker ha chiarito che per lui è il peggiore. Ammettendo che prevarrà questa scelta per l’Europa post-Brexit, il mercato unico non è comunque completo e va finito. Manca un vero mercato unico dell’energia, ne manca uno digitale. E quello che c’è nasconde insidie.
Europa, la sola certezza. L’Unione europea non si tocca. “Resta lo strumento per rispondere alla sfide”. Di questo Nicola Verola, capo della segreteria tecnica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, non ha dubbi. “Il mercato unico è la base su cui poggia il progetto comunitario e lo sviluppo di interessi condivisi a partire dal mercato unico è un principio ancora valido, e va valorizzato ulteriormente”. Dopo la Brexit e di fronte alle sfide globali, quali sono le alternative? Non molte, secondo Verola. Sono due: “O si torna alle origini e ci accontentiamo di mercato unico, o si fa di più”. L’Italia “predilige” questa seconda strada. Per ragioni europeiste, certo. Ma non solo. “Di fronte alle sfide globali alcuni Stati membri rischierebbero di non farcela da soli”
Mercato unico, ancora lontano. Bene il mercato unico, a patto che ci sia davvero. Peccato che ancora non ci siamo. Patrizia Toia, vicepresidente della commissione Industria del Parlamento europeo, indica quindi le strade da seguire per l’immediato futuro. Serve l’unione energetica. “Creare il mercato interno dell’energia vuol dire metterci al riparo da shock, scegliere l’energia” su cui vogliamo puntare “e produrla all’interno dell’Ue in maniera migliore e più a basso costo”. E poi altro filone è quello industriale, complesso. “Serve un unico mercato digitale europeo”, che implica infrastrutture e investimenti. Per fare l’europa del digitale servono le infrastrutture, ma le infrastrutture richiedono investimenti, “sono tutti temi collegati”. Che l’Europa deve provvedere a connettere al pari delle reti internet.
Mercato unico, ma ancora con insidie. La premessa di Mattia Fantinati è generale: “Il problema è che come tutte le grandi cose, queste devono essere gestite”. Il riferimento del deputato del Movimento 5 Stelle, membro della commissione Attività produttive, è sempre al mercato unico. “Un’Europa unica dovrebbe avere il compito di proteggere un po’ tutti. La grandezza e la forza di una comunità si vede quando protegge il più debole”. E’ l’Italia, nonostante sia la quinta manifattura mondiale e la seconda europea, è “debole apre le frontiere”, e si espone al ‘fuoco amico’. Se si guarda il made in Italy alimentare, “c’è un mercato che non è internazionalizzabile, e da lavoro qui in Italia”. Però “se guardo da dove entrano le merci contraffatte mi chiedo se ha senso parlare di mercato unico, dato che i primi due Stati di provenienza di merci contraffatte sono Paesi Bassi e Regno Unito, ultimi due per sequestri”.
Il futuro del mercato unico passa per le regole. “Innovazione si’, ma con regole certe”. La nuova Europa di Confcommercio è tutta in questo imperativo, espresso dall’incaricato per le politiche Ue dell’associazione, Alberto Marchiori. C’è la questione della digitalizzazione, dell’informatica. “La vediamo come forma innovativa a cui adeguarsi”. Se da un lato bisogna puntare sulle nuove forme di commercializzazione, dall’altro si fissino regole”. In ambito Ue. Perché Confcommercio “crede molto nell’Europa”.
Più Europa, meno potere agli Stati. Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, fa una riflessione politica. “Andrebbe calmierato il potere del Consiglio”. Vuol dire togliere potere decisionale agli Stati, per darne di più ad un potere centrale oggi mancante. “L’Europa non è ancora uno Stato, e questo è un altro problema”. Da risolvere. Auspicabilmente già a partire da domani.
Le risposte sono in Europa. La storia dell’Europa parla. Il mercato unico “è una delle leve più potenti che abbiamo noi italiani per promuovere le crescita e occupazione”, sottolinea il sottosegretario agli Affari esteri, Benedetto della Vedova. Deciso a sfidare quanti guardano l’Europa con scetticismo. Nonostante la crisi l’Italia ha registrato performance buone di crescita. “In 2016 abbiamo toccato il massimo storico di avanzo, con l’euro. Molti dicono che con l’Euro non avremmo mai esportato. Io registro che con l’euro l’Italia non ha mai esportato così tanto, dentro e fuori l’Europa”. E le piccole e medie imprese non possono fare a meno di quelli che vengono definiti “burocrati”, perché “è grazie a quegli standard messi a punto dai burocrati che si crea un sistema di regole che gli permette di andare ovunque con quegli standard”. In sintesi, “ Quello che c’è va difeso, e quello che c’è può essere migliorato”.