Roma – In attesa di vedere la dichiarazione che i leader dei 27 Paesi dell’Ue – senza il Regno unito avviato verso la Brexit – firmeranno sabato prossimo, nel 60° anniversario dei Trattati istitutivi della Comunità europea, il Manifesto di Roma scritto da giovani ricercatori e intellettuali europei è senza dubbio tra i documenti più ricchi di proposte concrete tra quelli presentati per il rilancio dell’Ue.
Il manifesto, realizato su iniziativa dell’organizzazione italo-tedesca Villa Vigoni e da United Europe, sottolinea nel preambolo quanto “lUnione europea nelle sue forme attuali sia inadeguata ad affrontare le sfide capitali del nostro tempo”. Poi elenca i valori sui quali rilanciare l’integrazione europea, che per i sottoscrittori del documento deve portare a una “Unione federale europea”. In particolare vengono elencati una serie di diritti, quello alla libertà e alla dignità, quello di vivere sicuri e liberi dalla paura di minacce fisiche, il “diritto a una vita produttiva in qualsiasi luogo dell’Unione”, e quello di “vivere in un ambiente salubre”.
La parte più interessante del manifesto riguarda però l’assetto istituzionale della futura Unione federale. La “diffidenza” dei cittadini verso l’Ue, scrivono i sottoscrittori, deriva anche dalla complessità dell’assetto attuale. Quindi serve “una chiara separazione dei poteri, verticale tra l’Unione e i suoi Stati membri, e orizzontale tra le istituzioni dell’Unione stessa”.
Sull’asse verticale, si deve agire “dividendo nettamente le competenze” di Bruxelles da quelle nazionali. L’Unione deve occuparsi di “affari esteri e dell’immigrazione, dell’anti-terrorismo e della difesa, del mercato interno, della concorrenza e del commercio”. Inoltre, “avrà una moneta comune e una politica fiscale progettata per assicurare il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria”. Tutto il resto rimane di competenza nazionale, e “alcune competenze che sono attualmente esercitate dall’Ue possono essere restituite agli Stati membri”.
La suddivisione dei poteri, invece, prevede che quello legislativo sia esercitato dal Parlamento europeo, affiancato de un Senato “composto dai membri dei governi nazionali” e che “agirà come la Camera degli Stati”. Ogni atto legislativo “dovrà essere approvato sia dal Parlamento europeo, con voto a maggioranza, sia dal Senato europeo, con voto a maggioranza qualificata”.
La forma di governo è presidenziale. Infatti, “il potere esecutivo dell’Unione federale sarà attribuito a un presidente europeo, eletto attraverso un procedimento democratico”, che “rappresenterà l’Unione negli affari internazionali e guiderà l’amministrazione europea che discende dall’attuale Commissione”. “Nei campi in cui è richiesta neutralità, come la concorrenza e la politica monetaria, verranno costituite agenzie indipendenti”.
Il potere giudiziario spetta alla Corte europea di giustizia, la quale “avrà il compito di sindacare gli atti legislativi e amministrativi dell’Unione, per garantire la conformità con la separazione dei poteri e con la Carta dei diritti fondamentali oggi esistente”. Inoltre, la Corte “dovrà assicurare l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione e la sua supremazia sulle leggi statali”.
Tutto l’assetto così disegnato poggia su una nuova Costituzione europea, che verrà scritta da delegati indicati dalle varie Assemblee parlamentari degli Stati membri e “incaricati d’incontrarsi a Roma nel 2017 al fine redigere” la nuova Carta. La sua entrata in vigore scatterà quando verrà ratificata dalla maggioranza dei Paesi membri. E “per evitare le brutte esperienze del passato”, indica uno dei sottoscrittori riferendosi ai referendum che in Francoia e Olanda bocciarono la Costituzione europea nel 2015, lo stesso dettato costituzionale indicherà un processo di ratifica “uguale per tutti”. “Gli Stati che non ratificheranno la Costituzione non saranno membri dell’Unione Federale, ma l’Unione si sforzerà di associarli quanto più possibile a sé”.
A salutare positivamente il manifesto è il vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli, secondo uil quale “abbiamo necessità di mettere idee in un’Europa che non si può fermare”. L’attuale Unione europea “non ha l’ossatura per diventare una democrazia compiuta” e per questo vanno “sfidati i partiti europei”, secondo l’esponente socialista, che però non nasconde alcune criticità del Manifesto di roma, come la nomina di delegati per scrivere la costituzione, che “potrebbe essere un ritorno al passato”, quando i parlamentari europei venivano appunto designati dai parlamenti nazionali, mentre “dobbiamo andare avanti”, ammonisce apprezzando però la dose di utopia che ispira il manifesto. “Senza utopia”, conclude Sassoli, “la politica diventa semplice amministrazione”, quindi “abbiamo bisogno anche dell’utopia per guardare al futuro”.