Bruxelles – A fatica, ma la donna si muove in Europa versò l’eguale rappresentanza in politica, anche se la parità vera e propria è ancora lontana. Il Parlamento europeo è rosa per più di un terzo, si può fare di meglio ma non male: il 37,3% dei 751 deputati europei che siedono tra i banchi di Bruxelles e Strasburgo è costituito da donne. Un fenomeno in costante e continuo aumento dal 1979 a oggi, che racconta comunque una storia di successo. In termini percentuali attualmente il gruppo parlamentare con la più alta rappresentanza femminile è quello della Sinistra unita (Gue), con il 50%. Un rapporto di perfetta parità come nessuno, che testimonia la difficoltà che il gentil sesso ancora incontra alla partecipazione politica e nell’accedere all’istituzione comunitaria direttamente eletta.
Colpa dell’assenza di sistemi nazionali che impongono quote minime di genere. E’ questa la vera discriminante per le pari opportunità in politica. Lo dicono le leggi elettorali in vigore un po’ in tutta Europa. Basti pensare – come è stato per il Parlamento europeo – che alle ultime elezioni europee del 2014, ben venti Stati membri su ventotto sono andati al voto senza prevedere alcuna soglia obbligatoria di candidature femminili nelle liste elettorali.
Solo Francia e Belgio promuovono allo stato attuale una parità vera: qui è previsto l’obbligo di formare liste elettorali composte per il 50% di donne e per il 50% di uomini. Questo non significa l’elezione, che rimane legata alla preferenza del cittadino-elettore, ma il diritto di partecipazione è egualmente riconosciuto. Regimi di quote rosa sono previsti anche in altri Paesi membri, ma senza l’obbligo di parità. La Slovenia impone un quota di candidate pari al 40% del totale dei nomi in lista, la Polonia fissa tale tetto al 35%, mentre il Portogallo lo ha stabilito a un terzo esatto dei partecipanti (33%).
L’Italia merita un discorso a parte. Il Paese ha avuto meccanismi di quote rosa (un terzo dei candidati) per le elezioni europee nel 2004 e nel 2009. Per il voto del 2014 era previsto che scattesse il regime di quote solo per l’elettore che avesse deciso di dare tre preferenze, il massimo consentito per legge: una delle tre doveva andare a una donna, pena la non validità. Un legge che ha destato polemiche infiammando il dibattito politico nazionale. Ciò nonostante, l’Italia attualmente conta il 38,4% di deputate tra l’intera truppa spedita a Bruxelles e Strasburgo, più della media Ue.
La Romania ha un particolare sistema elettorale che vieta la compilazione di liste tutte al maschile o tutte al femminile. La Croazia ha annunciato un regime di quote rosa per il 2019.