Bruxelles – La pazienza sta per esaurirsi, e la Commissione europea attende gli Stati membri al varco. O si rispettano gli impegni in materia di immigrazione, o saranno procedure d’infrazione. E’ la prima volta che l’esecutivo comunitario manda avvertimenti così chiari e perentori ai governi. Ma il tempo stringe, e i progressi non sono soddisfacenti. “Se gli Stati membri dovessero non intensificare gli sforzi la Commissione non esiterà a fare uso dei poteri previsti dai trattati”, ha ammonito il commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Vuol dire apertura di procedure d’infrazione e la possibilità di sanzioni contro i governi.
Non ci saranno azioni immediate, la Commissione non ha al momento l’intenzione di andare allo scontro frontale con gli Stati membri. La politica del team Juncker – e Avramopoulos l’ha ripetuto più e più volte – non è punire, ma convincere e stimolare. Per questo le infrazioni, in tema di agenda di immigrazione, sono sempre state considerate un’opzione non sul tavolo. Anche perché il tema ha generato e tutt’ora genera divisioni, e la linea dura non è stata considerata come percorribile ai fine di un miglioramento dei rapporti tra attori. Adesso però il vaso è quasi colmo. Gli schemi di ricollocamento e i reinsediamenti scadono a settembre. Gli Stati membri devono farsi carico di circa 100mila richiedenti asilo sbarcati tra Italia (34.900) e Grecia (63.300), e a oggi solo poco più del 10% di questi (13.270) è stato preso in consegna.
“Non è ancora il caso di avviare infrazioni, gli Stati devono rispettare i loro obblighi per settembre”, la linea della Commissione ribadita ancora oggi da Avramopoulos. Una posizione che racchiude l’auspicio che alla fine l’Ue possa dare una lezione di solidarietà e, soprattutto, una dimostrazione della capacità di tener fede agli impegni presi. Una speranza sempre più flebile, in cui non sembra più credere neppure Avramopoulos. “Gli Stati membri non hanno più scuse per non realizzare lo schema di ricollocamenti entro settembre”. Lo dice senza giri di parole, e ricorda che perché la crisi migratoria possa essere quanto meno arginata, occorre che ognuno faccia la sua parte. “Bisogna continuare a produrre risultati sia nella dimensione esterna sia nella dimensione interna delle politiche dell’immigrazione. E’ tutto correlato”. La Commissione ha fatto la sua parte. A fatica, in fretta, in modo confuso e approssimativo, come dimostra il caso dell’accordo con la Turchia, ma è andata avanti, a dispetto degli Stati. E anche a dispetto degli Stati, la Commissione è decisa ad andare avanti. “Continueremo a usare tutti gli strumenti a nostra disposizione” per gestire la crisi migratoria, assicura Avramopoulos. Le sanzioni sono uno degli strumenti a disposizione. Non sono stati usati, ma il team Juncker inizia a farci un pensiero.