Bruxelles – Le incognite della Brexit pesano anche sull’economia dell’Irlanda. La Commissione europea certifica le implicazioni potenziali per l’isola, legata più di altri Stati membri al Regno Unito. Quest’ultimo è, assieme alla Germania, uno dei due principali partner commerciali di Dublino per le imprese controllate dalle multinazionali, ma il sistema rischia di scricchiolare.
Il rapporto Paese pubblicato dall’esecutivo comunitario nell’ambito del pacchetto d’inverno del semestre europeo approvato dal team Juncker, non fa mistero di “rischio al ribasso” per l’economia irlandese. Da una parte si ritiene che nei prossimi anni l’economia domestica continuerà a crescere “a tassi sostenuti”, dall’altra parte però “sono aumentati anche i rischi, riflettendo il referendum sulla membership comunitaria britannica”. Difficile fare previsioni. “L’impatto a lungo termine del referendum sull’adesione all’Ue del Regno Unito per l’economia irlandese rimane incerto”, secondo i tecnici del Berlaymont. “Molto dipenderà dal tipo di relazioni future che verranno definite tra Ue e Regno Unito”, ma è dato praticamente per certo che la Brexit produrrà contraccolpi sul Paese d’oltre Manica con la moneta unica. “L’Irlanda potrebbe essere soggetta a shock esterni collegati al referendum”, evidenzia l’esecutivo comunitario, secondo cui un ulteriore deprezzamento della Sterlina, unito all’incertezza prodotta dal referendum del 23 giugno, potrebbe “pesare sulla fiducia dei consumatori e delle imprese e sull’attività economica”.
In particolare la Commissione sottolinea che un perdita di valore della Sterlina ha un impatto sugli esportatori irlandesi, soprattutto nel settore agroalimentare. A questo proposito, si ricorda, il Consiglio nazionale per la competitività ha identificato nell’ampliamento delle destinazioni di esportazione per le imprese nazionali “un’altra sfida per l’Irlanda”. La Commissione è dunque dell’avviso che in conclusione “gran parte della passività esterne d’Irlanda non sono attribuibili a settori nazionali dell’economia”.
C’è poi la questione fiscale. I deflussi dei ricavi di investimenti diretti evidenziano il ricorso a centri offshore da parte delle multinazionali che operano in Irlanda. L’isola risulta quindi esposta al comportamento delle corporations e dalle loro decisioni. “Una parte sostanziale delle passività esterne irlandesi sono attribuibili a soggetti il cui domicilio finale si trova all’estero”, evidenzia la Commissione europea, secondo cui nel determinare il comportamento delle multinazionali concorre l’ambiente fiscale internazionale. Vuol dire il regime di tassazione. Il caso Apple, che vede la Commissione Ue chiedere il pagamento di 13 miliardi di euro di tasse non pagate all’erario irlandese, rischia di non aiutare il Paese.