Il primo luglio l’Unione crescerà, con l’arrivo del suo ventottesimo stato membro. L’arrivo della Croazia è una storia di successo e le preoccupazioni sui futuri allargamenti dell’Ue non dovrebbero oscurarla. Dieci anni fa l’Ue si impegnò solennemente a Salonicco a fare in modo che tutti gli stati dei Balcani occidentali possano entrare nell’Unione. Nel 2005 dopo aver catturato il numero uno nella lista dei criminali di guerra croati, il General Ante Gotovina, ed averlo consegnato al Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia, Zagabria iniziò i negoziati per l’adesione. Il Generale fu successivamente assolto dall’accusa di aver commesso crimini di guerra, ma questa è un’altra storia (ne parleremo un’altra volta).
Da allora la Croazia ha affrontato un processo di cambiamento, ha privatizzato i suoi cantieri navali per rispettare le regole europee sugli aiuti di stato; ha riformato il suo sistema giudiziario per realizzare uno stato di diritto e rispettare gli standard anti-corruzione; ha affrontato dispute con la Slovenia circa i confini marittimi internazionali (cosa che ha bloccato le trattative di adesione per circa un anno), e su un debito delle banche che risaliva ai tempi della Jugoslavia. Più di recente Zagabria ha avviato indagini sulla condotta di alcuni suoi politici fino ad arrivare alla condanna dell’ex primo ministro Ivo Sanader a dieci anni di prigione per diverse accuse di corruzione. Nonostante questi sforzi, la Croazia rimane uno degli stati più corrotti in Europa, secondo le rilevazioni di Transparency International.
La partecipazione alle elezioni per il Parlamento europeo, come già avevano anticipato vari sondaggi, ha dimostrato l’atteggiamento tiepido nei confronti dell’Ue.
Dunque, cosa ci si può aspettare dal nuovo paese membro dell’Unione europea? L’aspetto interessante della questione non è tanto quanto la Croazia potrà beneficare dall’adesione, ma quanto i Ventisette potranno beneficiare dall’ingresso della Croazia. La prossima adesione è la prova che l’Ue non ha chiuso le sue porte a nuovi ingressi, ma che anzi esercita ancora qualche attrattiva per i paesi terzi. E’ la prova che il progetto dell’allargamento non si è esaurito, anche se il vero test arriverà dopo l’ingresso della Croazia. Il ruolo che potrà giocare Zagabria sarà importante: potrà dare il buon esempio come nuovo paese europeo e potrà fungere da traino per gli altri paesi dei Balcani che vogliono entrare nell’Unione.
Questo, però, richiede che la Croazia affronti alcune questioni spinose. Un aspetto cruciale sarà continuare a sostenere la cooperazione nella regione, fondamentale dopo gli anni di guerra e di scissioni. Zagabria ha fatto una corsa per risolvere alcune questioni di definizione delle frontiere con la Bosnia-Erzegovina prima di entrare nell’Unione, e ha promesso di continuare a sostenere la cooperazione regionale anche dopo che è diventata membro Ue.
Da quando è stato eletto presidente nel 2010, Ivo Josipovic si è pubblicamente impegnato, in discorsi e visite ufficiali, nel cercare di curare le ferite di guerra, a cominciare dal migliorare i rapporti con la Serbia e la Bosnia-Erzegovina. Il Presidente serbo Tomislav Nicolic ha annunciato che parteciperà alla cerimonia di adesione della Croazia – un evento notevole considerando che i due presidenti si sono seduti intorno allo stesso tavolo per la prima volta solo pochi giorni fa. Il parlamento croato ha approvato una risoluzione in cui promette di non sfruttare la sua posizione di paese membro Ue per bloccare l’adesione di altri aspiranti candidati (come fece la Slovenia con la Croazia e come fanno o hanno fatto altri paesi Ue).
Questi sono gesti e resta da vedere quale impatto avranno sulla cooperazione regionale e sul superamento dell’eredità della guerra di dissoluzione dell’ex Jugoslavia. Ma i gesti sono sempre più frequenti. Con l’accordo raggiunto tra Serbia e Kosovo l’aprile scorso, è possibile che si stia girando una pagina nella storia dei Balcani.
E’ possibile anche che questo non accada, che la strada per la riconciliazione nella regione sia ancora lunga. Ma l’idea comune che si ha dei Balcani è troppo spesso diventata una profezia che si auto-avvera di conflitto e odio che genera nuovo conflitto e nuovo odio. I Balcani sono tutt’altro che una regione felice che ha superato i conflitti. Ma se si odiano un po’ meno rispetto a dieci anni fa, è giusto celebrarlo il primo luglio, insieme agli altri cittadini europei.
Rosa Balfour