Fu il presidente Ronald Reagan a coniare l’efficace formula che additava l’Unione sovietica nelle ultime battute della Guerra Fredda. Dalla caduta del comunismo, l’impero del male sembrava un concetto politico sepolto per sempre. Curiosamente oggisembra risorgere ma dall’altra parte dell’Atlantico, dove il nuovo presidente Donald Trump sta mettendo insieme uno dei più raccapriccianti record di bestialità, dal muro contro il Messico al bando contro gli immigrati a quant’altro annunciato del suo dissennato progetto politico. Ma mentre il mondo intero tiene Trump a debita distanza o attende con prudenza di capire meglio il suo gioco, c’è invece un paese che gli va incontro a braccia aperte e si dichiara pronto ad avviare con lui una santa alleanza: il Regno Unito di Theresa May.
La premier britannica è così fedele al suo compare populista transatlantico che ha addirittura esitato a condannare le nuove leggi anti-immigrazione varate dal presidente americano, anche se discriminano cittadini britannici e si espone senza battere ciglio alla protesta di un milione e mezzo di elettori che hanno firmato l’appello per l’annullamento della visita del presidente americano. È allarmante che il Regno Unito cerchi proprio nell’impresentabile Trump un alleato per il dopo-Brexit. Con questo passo Theresa May esprime in modo netto quali sono i valori in cui crede il suo governo. Non una società di diritti, di rispetto, di uguaglianza, di accoglienza, di integrazione, di tutela dell’ambiente, di assistenza sociale ma una società dove vince il più forte e i suoi interessi economici, contro lo stato di diritto, contro i deboli, contro gli omosessuali, contro le donne, contro l’ambiente, addirittura contro i valori fondamentali delle nostre democrazie. Se ce ne fosse ancora bisogno, questo rivela quanta poca etica sia rimasta nella classe dirigente britannica. E allora viene davvero da chiedersi in che cosa hanno creduto gli inglesi durante tutti gli anni in cui sono stati membri dell’Unione europea, qual era la visione che avevano di sé e dell’Europa e in fin dei conti come sia possibile che una nazione intera approdi così bruscamente a tanto cinismo, a tanta indifferenza per i principi che sono alla base del vivere civile da lasciare la civile Unione europea per buttarsi nelle braccia di un avventuriero come Trump.
In realtà il nuovo trumpismo transatlantico non è nulla di nuovo, anzi nel suo dirompente approccio perfeziona il concetto thatcheriano del “there is no such thing as society”. Fu proprio l’alleanza Thatcher-Reagan che distrusse assieme al solidarismo laburista lo stato sociale britannico portando poi il capitalismo mondiale alle deriva della crisi finanziaria e all’esplosione dell’economia senza lavoro in cui oggi stiamo affondando. Da allora il Regno Unito ha perso quasi tutta la propria produzione industriale nazionale e si è convertito in un’economia di servizi che di fatto prospera sulla speculazione finanziaria. Ha attirato sul suo suolo le industrie di paesi extra-europei per offrire loro una piattaforma da cui raggiungere il nostro mercato interno, si è fatto paradiso fiscale e rifugio di capitali spesso dalle dubbie origini, ha stretto alleanze economiche con paesi dai tristi primati di oppressione delle minoranze e spregio dei diritti dell’uomo, addirittura sospettati di finanziare il terrorismo, come l’Arabia Saudita. Con l’alleanza Blair-Bush ha poi scatenato la guerra in Iraq con tutte le conseguenze che conosciamo, come terrorismo e immigrazione di cui l’Unione europea sta pagando il prezzo più caro.
Oggi Theresa May torna dunque alla tradizione britannica di alleanze che sono di fatto anti-europee e in politica internazionale adotta uno stile che ha più della pirateria che della diplomazia. Siamo avvisati. Nei negoziati del Brexit non avremo davanti un interlocutore ma un nemico.