Bruxelles – Di restituire i fondi europei utilizzati illecitamente Marine Le Pen non ha alcuna intenzione ed è pronta a dare battaglia in sede legale. La Leader del Front National francese deve restituire al Parlamento europeo ben 340mila euro che secondo l’Ufficio europeo antifrode (Olaf) ha utilizzato nel periodo 2011-12 non per pagare i suoi assistenti parlamentari, ma per stipendiare funzionari di partito, cosa espressamente vietata dalle regole europee. Le Pen avrebbe dovuto rimborsare il parlamento entro ieri sera, ma non avendolo fatto da oggi dal suo stipendio e dai suoi rimborsi fissi verranno sottratti circa 7mila euro al mese, portando quindi il suo compenso a soli 3mila. “Non mi sottometterò a una persecuzione, a una decisione unilaterale presa da miei oppositori politici, senza prove e senza aspettare il giudizio dell’azione legale che ho avviato”, ha affermato Le Pen alla Reuters. La procura francese ha aperto un procedimento lo scorso 15 dicembre.
“Le accuse di Marine Le Pen contro il Parlamento europeo sono scandalose. Le regole del sul personale sono applicate a tutti i 751 deputati europei senza eccezioni. Ma lei sembra considerare se stessa al di sopra delle regole. Ciò dimostra la vera natura del Front National”, ha attaccato il leader dei popolari, Manfred Weber accusando la francese di essere “una imbrogliona che non rispetta le regole”, e per questo “ora deve rimborsare 300 mila euro di soldi dei contribuenti europei”.
Lo scandalo scoppiò nel marzo 2015 quando quando l’amministrazione dell’Assemblea comunitaria si accorse che nell’organigramma del partito francese di estrema destra risultavano diversi assistenti di eurodeputati, cosa espressamente vietata dal regolamento che afferma chiaramente che gli assistenti devono svolgere un lavoro direttamente legato all’esercizio del mandato parlamentare del deputato e che i soldi a loro destinati non possono essere usati “direttamente o indirettamente” per finanziare contratti stipulati invece “a nome del gruppo politico o del partito”. Secondo l’indagine condotta dall’Olaf i soldi sarebbero andati a Caterina Griset, prima assistente di Le Pen, e poi suo capo di gabinetto al partito, la quale secondo le risultanze delle indagini, lavorava nella sede del Fronte Nazionale a Nanterre e non negli uffici di Strasburgo o Bruxelles. Parte dei soldi sarebbe andata anche a una guardia del corpo di Marine Le Pen.
Una condanna simile l’ha ricevuta nel giugno scorso suo padre Jean-Marie Le Pen accusato di aver utilizzato i fondi per gli assistenti per attività che non erano affatto collegate con il suo ruolo di europarlamentare.