Bruxelles – Non sono bastate oltre un milione e mezzo di firme, che obbligano il parlamento a discutere la questione (il 20 febbraio, ma senza un voto finale), e migliaia di persone in piazza a Londra e Manchester a far tornare il primo ministro britannico Theresa May sui suoi passi. La premier non ha neanche preso in considerazione l’ipotesi di cancellare la visita di Stato (dunque con incontro con la regina e discorsi in ambo i rami del parlamento) o di trasformarla in semplice visita di una capo di Stato straniero di Donald Trump, nonostante la petizione firmata da un milione e settecentomila britannici che chiede il ritiro dell’invito dopo il controverso decreto anti-immigrazione del presidente americano. Già sotto pressione per i suoi stretti rapporti con Trump, May deve fare i conti anche con una parte del suo stesso partito conservatore che si oppone a questa visita.
“Gli Stati uniti sono un nostro stretto alleato. Lavoriamo insieme in molti settori di mutuo interesse e c’è una relazione speciale tranoi”, ha detto May a margine di una conferenza stampa. “Ho inviato l’invito per una visita di Stato al presidente Trump e quell’invito rimane”, sottolineato.
Anche il ministro degli esteri Boris Johnson ha difeso la decisione.
May aveva annunciato la visita di Stato di Trump durante l’incontro con il presidente Usa di venerdì alla Casa Bianca nel corso del quale i due leader hanno sottolineato le “speciali relazioni” fra i due Paesi e concordato un rafforzamento dei rapporti commerciali dopo il divorzio di Londra dall’Ue.