Il lungo processo che ha portato all’elezione di Antonio Tajani a presidente del Parlamento Europeo ha suscitato sicuramente in molti di noi alcune domande fondamentali.
Ho parlato di alcune di queste con Elly Schlein, membro del Parlamento europeo del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D). Il primo di questi interrogativi è legato al passaggio dalla cosiddetta ‘grande coalizione’ (Partito Popolare Europeo ed S&D), che aveva predominato la scena Europea per anni fino al termine della presidenza Schulz. L’alleanza si è di fatto conclusa con la decisione di quest’ultimo di non riproporsi per la carica di Presidente, ed ha portato ad una separazione tra i due gruppi più rappresentati del Pe. Dopo ‘l’undicesima ora’ (seduta di negoziazioni durata undici ore tra Pppe ed il gruppo dei Liberali e Democratici – Alde) si è arrivati ad un accordo tra il Ppe (il gruppo più rappresentato del parlamento e di cui attualmente fanno parte i tre presidenti delle principali istituzioni europee) e il gruppo Alde di Guy Verhofstadt, che ha di conseguenza ritirato la sua candidatura per la presidenza del Parlamento. In seguito all’elezione si e’ assistito di fatto ad un passaggio del gruppo dei Socialisti e Democratici all’opposizione (e le recenti dichiarazioni del presidente del Gruppo S&D al Parlamento, Gianni Pittella, fanno capire una volontà di rompere con il passato o almeno con il ‘business as usual’, con il modo di fare ed immaginarsi le dinamiche del Parlamento che ci aveva accompagnati negli ultimi anni).
Con Schlein quindi ho potuto brevemente parlare di questo passaggio e a quali potenziali piani o procedimenti futuri questo portera’. Per Schlein questo e’ un passaggio importante che puo’ portare cambiamenti profondi nello stesso processo legislativo all’interno del parlamento in quanto il gruppo dei Socialisti, lei ritiene, potra’ d’ora innanzi proseguire con il suo programma politico con meno ostacoli e compromessi a ribasso. La decisione di prefigurarsi per il futuro una coalizione con il Gruppo Parlamentare dei Verdi – Alleanza Libera Europea e la Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica e’ stata accolta molto positivamente da Schlein in quanto questo ha il potenziale di portare finalmente ad avere all’interno del Parlamento un allineamento tra forze progressiste, fondato su basi ideologiche piu’che puramente di interesse politico. Questi partiti condividono gia’ posizioni comuni su varie iniziative politiche al momento molto importanti ed in discussione al parlamento quali, per esempio, cita la Schlein, la lotta per una maggiore trasparenza del processo di lobbying all’interno delle istituzioni europee, cosi come il cambiamento climatico o la crisi dei rifugiati per citarne alcune.
Dal punto di vista della leadership, secondo Schlein non ci sara’ un grande cambiamento, nel senso che il ruolo del Presidente del Parlamento Europeo rimarra’ quello di portavoce. Nessun cambiamento radicale quindi dal punto di vista della direzione che il parlamento prendera’ nei prossimi due anni e mezzo scarsi rimanenti di questo mandato in termini di guida politica. Lo stesso Tajani ed il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, hanno dichiarato che il neoeletto Presidente rappresentera’ l’istituzione del parlamento nella sua totalita’, quindi non solo il suo partito. Tuttavia, qualora nel futuro il Ppe si dovesse alleare con l’Ecr (per molti versi decisamente euroscettico o quanto meno poco ambizioso/non incline ad una maggiore integrazione europea) per far approvare le proprie iniziative legislative, alcuni dubbi rispetto alle ambizioni dell’agenda politica del neoeletto presidente diverrebbero legittimi.
Per Elly Schlein si dovra’ lavorare molto affinche’ l’agenda del Parlamento rimanga ambiziosa, affinche’ le iniziative possano avere un seguito e diventino progetti di legge concreti; allo stesso tempo vi e’ un bisogno fondamentale non solo di accordi politici tra i vari gruppi del parlamento, ma anche di un contatto il piu’ diretto possibile con la cittadinanza Europea e la sua realta’ quotidiana. E’ fondamentale quindi lavorare verso la costruzione di una sfera pubblica europea ed un’opinione pubblica europea, che non siano quindi frammentate tra le 28 realta’ degli stati membri. Si deve lavorare affinche’ si possa parlare di tematiche politiche europee nello stesso modo, con la stessa passione, con lo stesso anche grado di informazione (anche per evitare la natura semplice e ridotta di alcuni argomenti populisti) coi quali si tratta della politica nazionale. Ovviamente questo e’ un argomento molto dibattuto anche a livello intellettuale ed alcuni, quali per esempio Thomas Risse o l’illustre Jurgen Habermas, sono da sempre sostenitori della necessita’ di avere una sfera pubblica (e quindi politica) europea.
Come si intuisce dal titolo di questo articolo, vi sono dei quesiti che rimangono, che si dovranno affrontare, la cui risposta non si dovra’ semplicemente archiviare finite le elezioni. Nell’osservare come il parlamento lavorera’ nei prossimi anni e quali scambi politici e legislativi questa nuova maggioranza validera’, bene sarebbe considerare se queste recenti elezioni sono state un’ undicesima ora, un accordo di retrobottega raggiunto dopo le undici ore di intense negoziazioni puramente basate sull’interesse dei singoli gruppi politici o se invece queste elezioni, come sostenuto dall’On. Schlein, possano cambiare gli equilibri interni al Parlamento verso una maggiore alternanza, che metta fine alle dinamiche che hanno tenuto il dibattito parlamentare ingessato su troppi temi fondamentali.
Mancanza di trasparenza negli ‘affari’ del parlamento ed una mancata considerazione dell’interesse pubblico e dei cittadini o un passo in avanti verso la costituzione di un vero e proprio foro della democrazia, fondato su delle linee ideologiche ridefinite e piu’ chiare e distinte tra di esse? Decisioni dominate dagli interessi dei vari gruppi politici e fatte a porte chiuse gia’ prima dell’elezione (molti analisti infatti, e.g. VoteWatch Europe, avevano gia’ predetto l’elezione di Tajani analizzando i voti dei membri del Parlamento Europeo e dalle loro dichiarazioni precedenti le elezioni) o l’inizio di un dibattito democratico, di una dialettica che finalmente affiorera’ nella piazza comune europea e di un alternismo politico nel quale quindi i cittadini si potranno rispecchiare piu’ chiaramente (come succede gia’ al livello nazionale)? Questioni che non dovranno essere ignorate, se non si vuole rischiare una fine lampedusiana dell’episodio confermando che ‘Se vogliamo che tutto rimanga com’e’, bisogna che tutto cambi’.
La speranza di Schlein e’ che si possa passare dallo scettico ‘vince un gruppo politico o un altro e’ lo stesso’ – come spesso e’ stato il caso nel passato data la disomogeneita’ dell’elettorato del Ppe e Pse nei vari stati membri, cosi come all’interno dei singoli stati – ad una percezione che un gruppo possa invece rimanere fedele, anche all’interno del parlamento europeo, ai suoi tratti ideologici ed alle sue caratteristiche (quelle scelte e decise dagli elettori ad ogni elezione europea). Solo uscendo dalle mere logiche nazionali e ragionando su scala europea si potranno dare ai cittadini le risposte ambiziose che servono urgentemente.
In conclusione, non e’ ancora chiaro se l’Ue riuscira’ a mandare avanti un’agenda ‘federalista’. Nel frattempo, riuscire a solidificare e concretizzare le tante iniziative in cantiere e diffonderne i risultati a livello europeo: questo sara’ il grande compito del nuovo presidente.