di Maurizio Sgroi
Con divertente senso dell’assurdo, qualche giorno fa Fitch ha rilasciato un report sulla Cina intitolato così: “La crescita stabile della Cina riflette uno stimolo non sostenibile”. Può sembrare un paradosso, ma in realtà il ragionamento è perfettamente coerente. Per mantenere i propri obiettivi di crescita, il governo ha semplicemente ordinato alle sue imprese di effettuare maggior investimenti, e in questo modo ha spuntato quel 6,8% di crescita che ha spinto in avanti il dato annuale collocandolo nel range previsto del 6,5-7%.
Il problema è che questa visione di breve termine, osserva l’agenzia, «sta diventando un rischio sempre più significativo per la stabilità macroeconomica di medio termine». La Cina, com’è noto, soffre già di un eccesso di investimenti, che ha finito col produrre un eccesso di capacità produttiva, e continuare a pigiare sul pedale dell’intervento pubblico per compensare il drastico calo degli investimenti privati non è certo un buon viatico per correggere gli squilibri della seconda economia del mondo.
«L’espansione fiscale diretta delle autorità e il quasi-stimolo fiscale trasmesso tramite le imprese controllate dal governo – sottolinea Fitch – sono stati i contributori chiave per stabilizzare la crescita nel 2016». Nel dettaglio, gli investimento delle SOEs (state owned enterprises) sono cresciuti del 19,1% nel 2016, dal 10,7% dell’anno precedente. Aldilà delle imprese pubbliche, gli investimenti fissi hanno rallentato marcatamente, sottolineando l’importanza dello stimolo nel rilanciare la domanda e evidenziando il rischio che l’economia non sia in grado di auto sostenersi nel processo di crescita. A fronte di ciò, tuttavia, c’è qualche motivo di ottimismo per l’aumento dei consumi interni, sotto forma di beni e servizi.
La crescita è stata ampiamente supportata anche dalla politica monetaria, decisamente allentata e dall’eliminazione delle restrizioni imposte nell’acquisti di case, politica che ha rilanciato l’immobiliare e quindi i prezzi, che ormai si sospettano in zona bolla. Tanto che il governo ha nuovamente deciso delle restrizioni. In ogni caso, anche il 2016 ha segnato una notevole espansione del credito, seguendo un trend già rigoglioso, che a sua volta rende necessaria una crescita robusta del PIL per essere sostenuta.
Insomma, la Cina gira in tondo e ogni giro approfondisce il solco dei suoi problemi e il mondo ne ha sempre più consapevolezza, come mostrano i deflussi che, sempre secondo Fitch, produrranno pressioni sulle riserve valutarie per tutto quest’anno. La bella favola della Cina rischia di finire molto male.
Pubblicato sul blog dell’autore il 27 gennaio 2017.