Roma – È il volto più ‘europeo’ di Forza Italia quello di Antonio Tajani, romano, classe 1953, che da oggi siederà sullo scranno più alto del Parlamento europeo. Ufficiale dell’Aeronautica durante il servizio militare, laureato in giurisprudenza, il vicepresidente del Partito popolare europeo ha avuto una carriera giornalistica – dal periodico ‘Il Settimanale’ a conduttore del Giornale radio sul primo canale Rai, poi responsabile della redazione romana de ‘Il Giornale’ e inviato speciale in Libano, Unione sovietica e Somalia – prima di impegnarsi in politica e figurare tra i fondatori del partito di Silvio Berlusconi, del quale è stato coordinatore per il Lazio dal 1994 al 2005.
Portavoce del presidente del Consiglio nel primo governo a guida Forza Italia, Tajani approda per la prima volta al Parlamento europeo, come deputato popolare, nel 1994. Nel 1996 non riesce a farsi eleggere alla Camera dei deputati, fermandosi a poco più del 45% dei voti contro lo sfidante del centrosinistra. Sfortunata anche la sua corsa a sindaco di Roma, che lo ha visto perdere al ballottaggio contro Walter Veltroni nel 2001, dopo che nel 1999 aveva ottenuto la riconferma come europarlamentare.
Nel 2002 diventa uno dei vicepresidenti del Partito popolare europeo, incarico che ricopre tutt’oggi, e alle elezioni del 2004 le sue 122mila preferenze gli valgono il terzo mandato a Strasburgo. Contribuisce a scrivere la Costituzione europea, mai entrata in vigore a causa delle bocciature arrivate con i referendum in Francia e Olanda. Nel 2008 prende il testimone da Franco Frattini ed entra nella Commissione europea guidata dal portoghese Manuel Barroso diventandone uno dei cinque vicepresidenti e assumendo le deleghe ai Trasporti.
In quel periodo gli tocca la grana della crisi Alitalia. Nella partita per scongiurare il fallimento della compagnia di bandiera, Tajani mostra di saper tenere separati gli interessi politici nazionali – che avrebbero suggerito il solito paracadute pubblico per tutelare l’occupazione e ottenere consensi – dall’azione come commissario, che gli impone di sostenere il piano di salvataggio attraverso l’ingresso di nuovi capitali privati e una ristrutturazione aziendale.
Dopo aver promosso il regolamento europeo sui trasporti entrato in vigore alla fine del 2009, con l’introduzione di maggiori tutele per i passeggeri, nel 2010 viene confermato vicepresidente nella Commissione Barroso II, stavolta con delega all’Industria. In questa veste lancia un comunicazione per la reindustrializzazione nell’Ue, con l’obiettivo di portare al 20% il peso del settore industriale nella formazione del Pil europeo, e promuove la direttiva per ridurre i ritardi nei pagamenti delle amministrazioni pubbliche verso i fornitori.
Su questo terreno, a inizio 2014, ingaggia uno scontro proprio con il governo italiano, verso il quale Tajani richiede l’apertura di una procedura di infrazione proprio per la mancata attuazione della direttiva sui ritardi nei pagamenti. Da commissario si fa notare anche per altre due azioni: la mediazione in una crisi di appalti per il Canale di Panama, che rischiava di estromettere le aziende europee, ed un’altra, in favore di alcuni operai spagnoli che stavano per perdere l’impiego. In questo secondo caso, per ringraziarlo del successo ottenuto, il sindacato comunista chiese ed ottenne che a Tajani fosse dedicata una strada nella città di Gijon.
Recentemente ancora una volta dimostra di mettere l’Europa davanti all’interesse nazionale, anche se stavolta l’interesse politico è tutt’altro che sacrificato, dal momento che l’azione intrapresa gli consente di attaccare il Pd di Matteo Renzi, con il quale però condivide da tempo l’idea che la sola austerità non basti a risolvere i problemi economici dell’Ue.
Alle europee del maggio 2014 si candida al quarto mandato da eurodeputato. L’incarico di commissario è incompatibile con l’impegno attivo in campagna elettorale, dunque viene ‘congelato’ in attesa dell’esito delle urne. Ottiene poco meno di 110mila preferenze e opta per abbandonare definitivamente la Commissione Barroso e ricoprire l’incarico al Parlamento europeo, dove viene eletto primo vicepresidente con 453 voti, più di quelli presi dal presidente Schulz e più di quelli che prenderà Jean-Claude Juncker come presidente della Commissione europea.
Oggi Tajani, che nel suo discorso di candidatura ha parlato inglese, italiano, spagnolo e francese, prende il posto del tedesco Martin Schulz alla guida dell’Europarlamento, con il gravoso compito, tra gli altri, di riavvicinare i cittadini alle istituzioni europee. Una missione che potrebbe essere facilitata dalla sua scelta, presa nel novembre 2014, di rinunciare ai 468 mila euro di indennità che gli sarebbero spettati per la sua attività di commissario europeo.