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    Home » Economia » Bilancio, Padoan risponde a Bruxelles: il debito va ridotto ma non con l’austerity

    Bilancio, Padoan risponde a Bruxelles: il debito va ridotto ma non con l’austerity

    Per il Ministro dell’Economia “non è detto” che sia necessaria una manovra correttiva. Ribadita la linea del governo secondo cui il debito si riduce con una politica orientata alla crescita e all’inclusione sociale

    Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
    17 Gennaio 2017
    in Economia

    Roma – “Vedremo se sarà il caso di prendere misure ulteriori” per correggere la Legge di bilancio, perché “non è detto” che una manovra aggiuntiva sia necessaria. Così il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, nella serata di ieri ha risposto alla notizia che la Commissione europea vorrebbe imporre all’Italia un aggiustamento dello 0,2% del Pil, pari a circa 3,4 miliardi di euro. Circa la notizia l’invio di una lettera con questa richiesta da Bruxelles a Roma diffusasi ieri, però questa mattina la sottosegretaria Paola De Micheli intervenendo a d una trasmissione di RaiNews24 ha detto che “ancora non è arrivato nulla”.

    “Il confronto tra il governo e le istituzioni europee, e talvolta anche con altri partner dell’Unione, non riguarda l’obiettivo del risanamento dei conti pubblici. Su questo conveniamo che il rapporto tra debito e Pil è elevato”, ammette il numero uno di Via XX settembre in una lettera pubblicata oggi su La Stampa. Le divergenze riguardano “la ricetta per perseguire l’obiettivo” di riduzione del debito. “Altri pensano che l’austerità sia il modo migliore, se non addirittura l’unico”, mentre “noi siamo convinti che l’enfasi debba essere messa sulla crescita e sull’occupazione”, spiega il ministro.

    La convinzione di Padoan è che “soltanto con una crescita più sostenuta nella dimensione e capace di includere più cittadini” si possa “finalmente avviare un recupero pieno del potenziale del nostro Paese”. Per corroborare la sua tesi, il titolare dell’Economia cita il recente rapporto del World economic forum, che segnala “il legame tra inclusione sociale e crescita”, e assicura che tra le priorità dell’esecutivo “in questo scorcio di legislatura” c’è proprio la “piena attuazione del reddito di inclusione”, insieme con la determinazione ad affrontare “le cause della divaricazione tra inclusi ed esclusi”.

    Tra queste, il ministro elenca “il mercato del lavoro” che “non riesce a includere giovani e donne”, le “rendite da posizioni privilegiate” di alcune élites, le “corporazioni sedimentate” che “anche nell’ambito di servizi a scarso valore aggiunto impediscono l’accesso a nuovi soggetti più creativi ed efficienti” e, infine, i “sistemi di welfare e tassazione” che risultano ancora “inefficaci nel migliorare la distribuzione del reddito”, aspetto sul quale pesa in negativo anche “l’evasione fiscale”, definita “una piaga”.

    Sono tutti problemi che “negli ultimi tre anni il governo ha iniziato ad affrontare” con “una politica di bilancio decisamente meno restrittiva”, rivendica Padoan. Anzi, “moderatamente espansiva”, precisa aggiungendo che il risultato di quelle scelte economiche “ci ha portato fuori dalla recessione ed ha aumentato l’occupazione”. Per questo l’intenzione è quella di “innescare un circolo virtuoso”, con “un lavoro che chiede anni di impegno coerente e la continuità nelle politiche economiche”.

    L’esecutivo pare dunque intenzionato a proseguire sulla linea di una messa in sicurezza dei conti pubblici che però non strozzi la ripresa ancora molto timida che si sta registrando. Una strada che risponde anche alle necessità politiche della maggioranza e del Partito democratico in primis. Perché cedendo alle richieste di Bruxelles senza opporsi, il Pd di Matteo Renzi rischia di fare la stessa fine di quello guidato da Bersani, che sostenne il governo Monti e, dalla fine del 2011 alle politiche del 2013, perse tutto il vantaggio elettorale guadagnato prima di sostenere un governo che adottò misure di “lacrime e sangue” ripetendo il mantra “ce lo chiede l’Europa”. Un epilogo che l’attuale segretario dem, intenzionato a tornare a Palazzo Chigi, vuole assolutamente evitare.

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