Il Mercato interno è probabilmente il progetto più ambizioso e quello che più è condiviso tra i partner europei. Mentre su temi come immigrazione e conti pubblici le differenze e le distanze tra i Paesi emergono ogni giorno, il Mercato unico è il progetto che più unisce i Ventotto, e l’esempio della Gran Bretagna che nel confrontarsi con la Brexit cerca tutte le maniere di non abbandonarlo ne spiega bene il valore. In un suo documento, il Parlamento europeo è chiaro sul suo valore: “Il mercato interno – dice – è un’area di prosperità e libertà che offre a 500 milioni di europei l’accesso a beni, servizi, occupazione e opportunità commerciali, nonché alla ricchezza culturale dei 28 Stati membri”.
Il mercato interno è il frutto di quattro pilastri: la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, intesi come libertà ma anche strumenti per la crescita della ricchezza dell’Unione tutta. A Bruxelles e nelle capitali si conviene sul fatto che l’ulteriore approfondimento del mercato unico potrebbe produrre vantaggi significativi per i consumatori e le imprese dell’Ue, “e l’eliminazione degli ostacoli tuttora esistenti farebbe aumentare di 235 miliardi di euro l’anno il Pil dell’Ue”, afferma il Parlamento. Per questo la Commissione di Jean-Claude Juncker ha fatto dello sviluppo del potenziale del mercato unico una delle dieci priorità su cui lavorare nel corso del suo mandato.
La storia del Mercato unico è lunga, il punto di partenza può essere trovato nell’Unione doganale del 1968, alla quale sono poi seguiti decenni di ampliamenti ed aggiustamenti. La Commissione europea è sempre stata motore di questo progetto, e da ultimo il 28 ottobre 2015 ha pubblicato una comunicazione dal titolo “Migliorare il mercato unico: maggiori opportunità per i cittadini e per le imprese”, nella quale è elencata una serie di azioni focalizzate su grandi ambiti: 1) creare nuove opportunità per consumatori, professionisti e imprese; 2) incoraggiare l’ammodernamento e l’innovazione per conseguire risultati pratici a beneficio dei cittadini nella loro vita quotidiana.
Il focus principale in questo periodo è lo sviluppo del Mercato Unico Digitale, considerato indispensabile e promettente per rilanciare l’economia, riducendo nel contempo gli ostacoli burocratici, cercando di focalizzare l’attenzione “sui settori in cui la normativa e le prassi commerciali attuali non riescono a tenere il passo con le opportunità create dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Gli interventi della Commissione e del Parlamento vanno dunque dallo sviluppo dell’e-commerce, all’e-government, alla digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione.
I progetti ovviamente integrano varie politiche europee, non ultimo il Piano Juncker sugli investimenti. Dunque l’esecutivo comunitario punta a stimolare gli investimenti, la competitività e l’accesso ai finanziamenti, garantire un mercato interno dell’energia ben funzionante, sviluppare a pieno il mercato unico digitale e promuovere e agevolare la mobilità dei lavoratori. Entro il 2017 la Commissione valuterà il progressi fatti.
Un pilastro per un efficiente mercato interno è l’Unione bancaria. I cittadini non la sentiranno “addosso” come quella monetaria, ma il suo funzionamento è essenziale. Nel 2012, sulla scia della crisi economica e finanziaria, venne creato il Mvu (Meccanismo di vigilanza unico), l’istituzione di controllo unica per tutte le banche dell’Unione. Il primo gennaio 2016 è entrato in vigore il secondo meccanismo che era stato discusso e approvato nel 2012, cioè il Mru (Meccanismo di risoluzione Unico) di cui fanno parte i paesi dell’Eurozona, che prevede che le banche saranno controllate e gestite da un’entità europea in caso di crisi. Dopo lunghi dibattiti si è giunti però alla conclusione che si dovevano proteggere i contribuenti dai costi di futuri salvataggi di banche, e dunque le norme sono state modificate con le disposizioni della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi (Brrd), in base alla quale le risoluzioni devono essere sostanzialmente finanziate dagli azionisti e dai creditori degli enti creditizi. Il terzo pilastro dell’unione bancaria è l’assicurazione europea sui depositi, Edis (“European Deposit Insurance Scheme”), che toglierebbe agli Stati anche la responsabilità dei depositi bancari. La Commissione ha fatto la sua proposta, ma qui le discussioni tra i governi sono molte, con la Germania che tenta in ogni modo di farsi coinvolgere in eventuali salvataggi di banche di altri Paesi.
Nel Mercato interno rientra anche l’Unione dei mercati dei capitali, un’iniziativa che punta ad integrare ulteriormente i mercati dei capitali degli Stati membri dell’Ue. Gli obiettivi sono molti: offrire nuove fonti di finanziamento alle imprese, soprattutto le piccole e medie imprese (Pmi); ridurre il costo della raccolta di capitali; aumentare le opzioni per i risparmiatori; agevolare gli investimenti transfrontalieri ed attrarre maggiori investimenti stranieri; sostenere progetti a lungo termine; rendere il sistema finanziario dell’Ue più stabile, resiliente e competitivo. “Per migliorare il finanziamento della nostra economia, dovremmo sviluppare ulteriormente e integrare i mercati dei capitali”, ha ricordato il presidente dell’esecutivo comunitario lo scorso 14 settembre 2016, nel corso del suo discorso sullo Stato dell’Unione davanti al Parlamento europeo. Secondo Juncker “questo taglierebbe i costi della raccolta di capitali, soprattutto per le Pmi e aiuterebbe a ridurre la nostra elevata dipendenza dai finanziamenti bancari” oltre che “aumentare l’attrattività dell’Europa come posto in cui investire”.
Per raggiungere questi obiettivi, la Commissione ha proposto un piano d’azione che comprende una serie di misure per costruire gradualmente l’Unione dei mercati dei capitali che dovrà essere completata entro il 2019. La maggior parte delle azioni è incentrata sul trasferimento dell’intermediazione finanziaria verso i mercati dei capitali e sull’abbattimento delle barriere che ostacolano gli investimenti transfrontalieri.